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Il mio viaggio nella storia del cinema: dal 1960 al 1964

Sono quasi al termine della mia carrellata nella storia del cinema, perché attualmente mi sto godendo la visione dei film del 1969, nice, e ne avrò certo per 2 mesi. Quindi col prossimo post mi metto in pari, ma intanto ecco qualche spunto per questi 5 bellissimi anni di cinema che sono la prima metà degli anni '60.
1960
Di quest’anno ho visto 275 titoli e ho dato almeno un 8 a 47 film, è un grande anno di cinema ma ne segnalo giusto 5, e tutti italiani! E per complicarmi la vita non parlo né della Dolce Vita, né dell’Avventura, né di Sordi e nemmeno della Ciociara. Mi sono piaciuti? Certo che sì, perché a qualcuno no?
Era notte a Roma” di Rossellini mi piace tantissimo. Intanto è il mio film preferito con Giovanna Ralli, che prima della Ferilli c’era lei, e poi c’è Leo Genn (Petronio di Quo Vadis?), il mio beniamino Renato Salvatori e in un ruolo commovente il russo Sergey Bondarchuk, il quale tra l’altro nel 1959 aveva diretto e interpretato l’intenso e ottimo “Il destino di un uomo”. Torniamo alla Ralli che in piena WWII vive in una casa all’ultimo piano di un palazzo ed escogita gli espedienti del caso per portare a casa un po’ di zucchero, del vino o della pasta. Siccome è sveglia, i partigiani la scelgono per ospitare in gran segreto tre soldati alleati su in soffitta. La Ralli si ribella ma alla fine fa il suo dovere, e i 3 sono al sicuro. Per accedere al soffitto c’è un passaggio segreto dietro l’armadio (Anna Frank mi viene in mente), e i 3 diventano amici tra loro e amici suoi. Ora però il problema è che siamo in guerra e che è un film di Rossellini, non di Walt Disney. Quindi tenetevi pronti.
Adua e le compagne” invece è un gran cast al femminile capitanato da Simone Signoret con il buon supporto di Emmanuelle Riva e Sandra Milo. Molto prima di “Ciro! Ciro!” la Milo era attrice di culto degli anni ’60, e non solo in mano a Fellini. In quest’anno per esempio è accanto a Lino Ventura in “Asfalto che scotta”, per dire. Certo è la Milo, la voce è quella, la figura è quella, la verve anche. Qui hanno da poco chiuso le case chiuse e sfrattato le Signorine che le popolavano. Signoret decide quindi di mettersi in affari e avviare una trattoria in un casolare di periferia insieme alle amiche. Faranno a turno in cucina e ai tavoli, e magari se qualche cliente vuole qualche massaggio, perché no? L’idea funziona e la trattoria va bene, ma le amiche cominciano a voler cambiare vita, o si rendono conto che in realtà non possono. Ci sono quindi 4 reazioni diverse causate dagli eventi che si susseguono. È un film in cui si sorride e che ti dà un po’ di malinconia, ma si sente l’odore di frittata, di cipolla, di basilico.
Dolci inganni” di Lattuada è il primo film che ho visto con Catherine Spaak. Per me la Spaak era una presentatrice tv. Da ragazzo guardavo Harem, o anche Forum quando lo presentava lei. Sì, sapevo che aveva recitato, ma non ci avevo mai fatto caso veramente, mi aspettavo un paio di film senza pretese. Invece, anno dopo anno nel mio percorso cronologico mi accorgo che nella prima metà degli anni ’60 la Spaak aveva i ruoli migliori, era bellissima, brava e tra le attrici più famose. È stata una rivelazione per me. Teniamo presente che la Spaak aveva nel 1960 solo 15 anni. Era bravissima! Per l’età che aveva spesso aveva parti alla Lolita. Qui ad esempio è attratta da un amico di famiglia che ha quasi 40 anni. La Spaak era seducente, fresca, intrigante. Gran sorriso. Questo film e anche altri successivi mi sono parsi modernissimi: la settimana prima vedi le attrici americane con le gonne a campana e il filo di perle del dado Knorr, la settimana dopo c’è la Spaak che flirta con un architetto. Magnifica.
La maschera del demonio” è uno dei film del filone italiano horror. Quando leggo horror penso al sangue e alla motosega elettrica, quindi non faccio una faccia contenta, mi stufo. Però a fine anni ’50 si attiva questo piccolo genere in cui emergono mostri e vampiri che in breve si afferma e crea uno stile invidiato ovunque. Sì, qui una donna viene uccisa con una maschera piena di chiodi acuminati, ma non devi metterti le mani davanti agli occhi perché fa troppo impressione. C’è il giusto bilanciamento tra suspence, storia, effetti speciali e ridicolaggine. Non sono film di livello A+ però sono veramente tipici di quest’epoca, ti fanno capire meglio di altri il gusto di chi andava al cinema in questi anni e per questo per me sono interessanti.
Rocco e i suoi fratelli” è un film che voglio rivedere, ma non so quando sarò pronto per rivederlo. Quest’impressione me la fanno pochi film, quelli che mi colpiscono così in profondità che devo prepararmi psicologicamente alla visione successiva, e anzi devo prima capire se voglio affrontarla. Schindler’s list, Se7en, Casino e Full Metal Jacket sono altri film che mi hanno fatto lo stesso effetto. Dunque qui abbiamo una famiglia di emigrati che va a vivere in un seminterrato a Milano. Sono tanti in poco spazio e si arrangiano. La matriarca è l’ottima Katina Paxinou che capisce e gestisce con pochi sguardi. I figli sono Rocco e i suoi fratelli. C’è qualcosa di buono in questi ragazzi, ma c’è anche la vita in agguato. Le strade che prendono sono forse prevedibili se vogliamo, ma questo le rende anche più tragiche. Una donna entra nella vita dei fratelli Alain Delon e Renato Salvatori. Ora, c’è una scena in cui Alain Delon è disteso sul letto, un po’ sbilenco, con lo sguardo rivolto verso la telecamera, e quella scena è indelebile nella mia memoria, è come se Visconti mi sussurrasse all’orecchio quello che vuole dire. Ma ovviamente il dramma che si consuma tra Salvatori e Girardot è ovviamente il cuore del film ed è la scena che non voglio mai più vedere, perché nel farlo perderebbe forse la carica di sorpresa, sgomento, emozione che mi ha trasmesso la prima volta e ci resterei male, o peggio ancora mi renderebbe ancora più sorpreso, sgomento ed emozionato della prima volta, e ci resterei secco.
1961
Di quest’anno ho visto 250 titoli, e 45 hanno preso almeno 8. Compresso tra due anni fantastici, il 1960 e il 1962, qui mi esalto meno, ma ci sta.
Madre Giovanna degli angeli” di Jerzy Kawalerowicz è uno di quei film che ti fa sentire figo e intellettuale già solo a pronunciare il nome del regista, ma il punto è che mentre scrivo queste righe ho in mente la scena della suora posseduta dal demonio che spalle al muro fronteggia il giovane sacerdote inviato nel convento a indagare, e capisco che quest’immagine così potente è scena da grandi film. Tutto il film è inquietante e malato, intanto sembra più vecchio di quello che è, pare realizzato negli anni ’40, il che secondo me aggiunge disagio alla visione. Però negli anni ’40 alcune scene sarebbero state solo abbozzate e il film avrebbe avuto un diverso impatto. Il prete scoprirà come mai il demonio ha preso possesso del convento?
L’anno scorso a Marienbad” di Alain Resnais è un film che non ci ho capito niente. Lo confesso. Tuttavia, mentre lo guardavo con estrema perplessità ne restavo ugualmente affascinato. Come un bimbo che è schifato da uno scarafaggio spiaccicato sul pavimento e però vuole vederlo ancora più da vicino, più passavano i minuti e più cercavo di capire dove voleva andare a parare Resnais, più mi arrendevo e mi lasciavo ipnotizzare. Alla fine non mi interessa se non ci ho capito niente, so solo che per un’ora e mezza sono stato preso e portato in un altro posto e ho visto qualcosa che non avevo mai visto prima. Per cui, mi è piaciuto.
La primavera romana della signora Stone” di José Quintero invece è un bel melodramma. C’è una signora che fa un viaggio a Roma e si imbatte in un giovane gigolò. Tutto qua ma attenzione: lei è Vivien Leigh e lui Warren Beatty. La Leigh aveva 50 anni mentre Beatty 25. Lei era una rosa conservata tra le pagine di un vecchio diario, lui è il rumore dell’acqua del mare sugli scogli; nello sguardo di lei ci sono tante risposte, quello di lui ti fa fare mille domande. Bellissima e tormentata la Leigh nel suo penultimo ruolo, bellissimo e spavaldo Beatty nel suo secondo ruolo: combinazione da non perdere.
I peplum andavano tanto a inizio anni ’60. Cinecittà era invasa da sandali, toghe, Circi e Meduse. L’epoca d’oro di questo genere è quella che va dal 1958 al 1963 circa. Per ogni Marvel di oggi c’erano 2 Ursus all’epoca. Sansone, Argonauti, Macisti contro Zorro e assurdità del genere. Grandi massi di polistirolo, matrone romane coi capelli stile Jackie Kennedy, ave Cesari e muscoli luccicanti, la gente adorava i peplum. Tante erano le star di questo genere che però non riuscirono a farsi un nome al di fuori. Tutto finì probabilmente con 2 film e cioè la Caduta dell’impero Romano, che fu un fiasco, e Cleopatra, che mandò il genere in burnout e dopo nessuno ne voleva più sentire parlare.
I musicarelli, a loro volta, erano un genere tipico degli anni ’60, In realtà si estendono più o meno dal 1958 al 1972, ma trovano l’apice coi vari Gianni Morandi, Rita Pavone, Caterina Caselli e Little Tony, quindi verso il 1964-67. Bisogna considerare che da Modugno in avanti i canzonettisti dei primi anni ’50 erano già surclassati. Andavano ora gli urlatori. Nasce una generazione di artisti fortunatissima, che in gran parte ancora oggi ha largo seguito, basti pensare a Mina, Vanoni, Celentano, che si affacciano volentieri al cinema di quegli anni. I musicarelli si somigliano: ci sono giovani protagonisti il cui amore è osteggiato dalle famiglie o giovani di talento che cercano di farsi strada nel mondo della canzone. Questi sono i temi. I primi musicarelli sono sequenze di canzoni intercalati da qualche scena con Nino Taranto onnipresente, i successivi sono un po’ più maturi e le canzoni sono più integrate con le storie. Per esempio quelli con Morandi sono così. Verso la fine degli anni ’60 c’era già invece un cambiamento nel gusto sia musicale sia proprio culturale, e si vede che il genere sta per arrivare al capolinea.
1962
Quanto mi piace quest’anno di cinema! Forse è il mio preferito di sempre? Ne ho visti 254 di titoli e ho dato almeno 8 a ben 81 titoli. Secondo me è perché non mi aspettavo che mi piacesse così tanto, provo a spiegare. Quando ero ragazzino io i protagonisti del cinema italiano di questi anni mi sembravano così vecchi e antiquati, che a prescindere io non li amavo e mi rifiutavo di vedere questi film. Sapete come succede coi ragazzi, per loro una moda di 3 mesi fa è archeologia. Quindi quando in tv uscivano Manfredi, Tognazzi, Gassman, Sordi, Mastroianni & co, sbruffavo e dicevo uff che palle e me ne andavo a giocare al Commodore64. Questa è la mia epoca. Ora, trascorsi 40 anni, fedele al mio proposito di guardare di tutto senza preconcetti e con gli occhi di chi vede per la prima volta questi film, resto sorpreso: siamo in un’epoca d’oro del cinema italiano e non solo: le città, le auto, gli abiti, i modi di dire, i gesti degli attori di tutti gli anni ‘60, mi riportano flash dei miei genitori, dei miei nonni, delle persone che vivevano negli anni prima che nascessi io. È come assaporare momenti di una vita che non hai potuto vivere, è bello! Queste cose di cui sto blaterando hanno senso solo a livello personale, certo, d’altra parte questa rassegna “è personale” e non ha la pretesa di indicare quanto oggettivamente di meglio sia uscito in questi anni. Tenuto a mente ciò ecco 5 titoli, giusto per non fare impazzire la scrollbar di chi legge. E lo so che non ho messo Sorpasso, Baby Jane, Antonioni, Kubrick, Frankenheimer e Gregory Peck.
L’angelo sterminatore” di Bunuel è sorprendente. Questo regista aveva iniziato molto tempo prima, 33 anni, col corto d’avanguardia “Un cane andaluso”, quello della lametta negli occhi per intenderci. La sua fase surrealista è importante però mi intriga meno. Dopo un lungo periodo di titoli passati in secondo piano, negli anni ’50 comincia a girare film tra virgolette più classici. Il Bunuel degli anni ’60 per me è a livelli eccezionali. Nell’angelo sterminatore c’è un ritrovo con molte persone che bevono e conversano e flirtano e si disprezzano a vicenda. Ogni volta che qualcuno prova a andar via cambia idea, o viene bloccato, o succede qualcosa di strano per cui non riesce. All’inizio nessuno ci fa caso, ma col passare delle ore inizia a montare l’ansia perché è chiaro che sono tutti intrappolati, come in una sorta di incantesimo. Man mano scarseggia il cibo, l’acqua, e la volontà cede: non riescono ad andar via, sono in gabbia, intrappolati. Il titolo, e il motivo per cui questo succede ognuno lo deve capire da solo.
Anna dei miracoli” non ha niente a che vedere con le aureole ma è la storia molto commovente di una ragazza con gravi disabilità e della sua maestra, che sono Patty Duke e Anne Bancroft. Mentre per tutti la ragazza non è che un caso umano da trattare praticamente solo col pietismo, per la Bancroft è un essere umano capace di comprendere e apprendere, che va educato e a cui bisogna dare delle regole per il suo bene. La sfida che ha davanti la Bancroft è tremenda, perché per ottenere pochissimi risultati ci vogliono settimane di lotte. Il film è una grande prova di attrici, entrambe spettacolari. C’è una lunghissima sequenza nella sala da pranzo, quando Patty Duke si rifiuta di mangiare in ordine e la Bancroft si ostina a insegnarle come fare, che ti lascia senza fiato.
L’uomo senza passato” è un film di un regista francese, Bourguignon, con un protagonista tedesco e cioé Hardy Krueger, e una ragazzina talentuosissima, Patricia Gozzi. Hardy è un veterano, che soffre di amnesia in seguito agli choc subiti in guerra, e vive una vita solitaria e malinconica. Un giorno incontra una ragazzina con la quale stringe un rapporto di amicizia. Lei è sola e ha bisogno di una figura paterna, lui è solo e ha bisogno di sentirsi utile e di voler bene a qualcuno. C’è tanta tenerezza in questo film, e malinconia. Per quanto solo a leggere di un’amicizia tra un veterano e una ragazzina molti subito possono pensare a risvolti poco piacevoli, qui non è mai in discussione l’eventualità che possa succedere qualcosa di male alla ragazzina. Kruger è un gran attore che rifiutò anche una nomination ai Golden Globe ai suoi tempi. La Gozzi a mio parere è tra le migliori baby star di sempre. Al suo attivo solo 6 film nei quali però è sempre formidabile.
L’odio esplode a Dallas” è un film di Roger Corman con William Shatner prima che finisse sull’Enterprise. Shatner non è mai stato uno di quei attori per cui ci si strappa i capelli, ma è bello vederlo in un ruolo diverso da quello a cui siamo abituati. Questo film è bello perché ti sorprende, siamo dopo tutto in piena fase di integrazione razziale, che nonostante Rosa Parks o MLK era ben lungi dal verificarsi compiutamente. Questo film ti mostra un lato del razzismo violento e intenso con gli occhi dell’epoca, senza voler fare troppe morali o senza intenti puramente educativi. Qui c’è l’odio razziale, le croci che bruciano, le scuole per soli bianchi, l’incitazione alla violenza. È un film avanti per i suoi tempi.
Il lungo viaggio verso la notte” è un’opera teatrale trasportata al cinema per la gioia di Katharine Hepburn che così poteva avere per le mani pane per i suoi denti. I personaggi sono solo 4, una famiglia che si ritrova e che si rinfaccia le cose, si racconta le cose, si scopre, si allontana e si riavvicina. È uno di quei drammoni familiari in cui quando un personaggio dice qualcosa per ferire gli altri, ti tiri i piedi dall’imbarazzo. Si segue naturalmente volentieri perché i 4 attori sono tutti di primo livello. Oltre alla Hepburn c’è il veterano Ralph Richardson, c’è Jason Robards e c’è Dean Stockwell che era una baby star a fine anni ’40 e che è riuscito ad avere una lunghissima carriera. Nei primi anni ’60 Stockwell sembra quasi il fratello minore di James Dean. Pare che sul set facesse freddissimo per cui Stockwell si aiutava con l’alcool, al che la Hepburn era indignata, ma quando lo venne a sapere gli regalò una coperta.
1963
Sono ben 289 i titoli che ho visto, con 57 a cui ho dato almeno 8. I miei preferiti in assoluto sono 8 e mezzo e gli Uccelli di Hitchcock, ma scrivo 2 righe su altro.
Blow job” di Andy Warhol è una specie di documentario in cui vediamo il volto di un ragazzo e le espressioni che fa mentre fa sesso. I film di Andy Warhol per me sono veramente dei relitti di altri tempi. Certo negli anni ’60 Warhol era uno degli artisti di prima categoria, ma se parliamo dei suoi film e dei suoi documentari, non dei dipinti allora scusate un attimo. Ne ho visti un sacco e sinceramente non me ne importa niente se faccio la figura di chi non ha gusto o e non ne capisce, ma li trovo orribili, una lotta testa a testa con quelli di John Lennon e Yoko Ono, se è per questo. Mi volevo togliere lo sfizio di dirlo.
Il servo” di Losey, invece qui si ragiona, c’è Dirk Bogarde che entra a servizio nella casa di una coppia che ha i suoi alti e bassi. “Sì signore, certo signore, come desidera signore”. Col tempo, studiata bene la situazione e i caratteri dei padroni le cose cominciano a cambiare. “Se proprio crede signore, come meglio crede signore, appena riesco signore”. Più la coppia scoppia più Bogarde inizia ad avere la meglio nel suo braccio di ferro psicologico col padrone e i ruoli fatalmente si invertono. Bogarde si mette bello comodo in poltrona, e che sia il padrone a mettergli le pantofole, adesso. Questo personaggio è rimasto come forse il più memorabile dell’attore inglese prima della fase Visconti.
La ballata del boia” di Berlanga è il film che mi ha fatto dire “ok mi piace Nino Manfredi”. Per me fino a qualche anno fa era solo Mastro Geppetto, non è colpa mia. Invece negli anni ’60 Manfredi incarna l’uomo medio italiano meglio di chiunque altro. Tognazzi era uomo virile e dai grandi appetiti, Gassman era esuberante e pieno di cazzimma, Mastroianni era sensuale e fatalista, invece i ruoli di Manfredi erano quelli di persone che subiscono gli eventi, che subiscono il rapporto di coppia, che devono ingegnarsi per venire a capo delle cose. Era possibile immedesimarsi in Manfredi. In più era dotato di grande talento comico, anche nei ruoli tragici bastavano due espressioni per farti sorridere anche quando gli capitava di tutto, come in questo caso, in cui sposa una giovane il cui padre è un boia e per tradizione tocca al figlio ereditare il mestiere del genitore, quindi da un giorno all’altro Manfredi ora deve svolgere le esecuzioni dei detenuti, anche se non ha il pelo sullo stomaco. Divertente.
I gigli del campo” è uno dei tanti film degli anni ’60 con Sidney Poitier che si afferma come icona culturale assoluta. Questa storia semplice vede Poitier giungere per caso nei pressi di un piccolo convento. La madre superiora convince Poitier a lavorare per loro, hanno intenzione di ristrutturare un po’, ma Poitier aveva ben altri programmi. Alla superiora non interessa un bel niente dei programmi di Poitier perché se è lì, vuol dire che Dio l’ha voluto lì. Ne vengono fuori tanti dialoghi divertenti, Poitier fa la sua espressione come per dire “che pazienza che ci vuole con questa”, la superiora Lilia Skala è bravissima e in tutto ciò Poitier si affeziona alle suore e trova anche il suo scopo nella vita.
Nella prima metà degli anni ’60 la tv era ormai nelle case di tutti gli italiani, i quali amavano gli sceneggiati, Canzonissima, Mike Bongiorno e il telegiornale. Abbondano i documentari che mostrano i vari aspetti dell’Italia del boom, un Italia ancora molto eterogenea ma per questo tanto interessante da raccontare. Si possono trovare in giro tanti documentari come “Fazzoletti di terra” in cui due contadini si costruiscono le loro terrazze per coltivare sollevando una a una delle grosse pietre a mano. Una vita passata a spezzarsi la schiena. Poi ci sono le interviste sui temi d’attualità ad esempio “In Italia si chiama amore”, e i docu geografici che mostrano le costruzioni di dighe, dei tralicci per la corrente, di sopraelevate e autostrade, che io trovo assolutamente affascinanti. Andavano poi i cosiddetti Mondo film, che erano documentari su temi scabrosi, in genere erotismo e pornografia (tipo “Mondo di notte”, ma affrontavano anche altri temi, per esempio era scioccante “Mondo cane”. Per quanto riguarda gli sceneggiati della prima metà degli anni ’60 vanno citati almeno “La cittadella”, “Il mulino del Po” e “una tragedia americana”.
1964
Il 1964 è un altro anno strabiliante per me. Ho visto 372 titoli tra film, corti, documentari, serie tv. Ho dato 8 o più a 65 di questi. Questo è l’anno della famiglia Addams e di Vita da Strega, è quello in cui parte la serie di Angelica e va di moda Sellers, Ursula Andress, Julie Andrews, Louis de Funes e Gianni Morandi. Bette Davis e Joan Crawford si dedicano al mystery con sfumature horror e diventano famose le sorelle Dorleac: una morirà giovanissima, l’altra ancora oggi è conosciuta in tutto il mondo come Catherine Deneuve. Antonioni gira il suo primo e bellissimo film a colori, Connery è alle prese con Goldfinger prima, con la Lollo e con Hitchcock poi, e la rana in Spagna gracida in campagna. Trionfo per i primi spaghetti western e per Leone, emerge la Sandrelli mentre in declino Doris Day. Classico dei classici per Loren-Mastroianni in “Matrimonio all’Italiana”. Insomma un anno di infinite squisitezze.
Seven up!” è un’idea molto interessante: si tratta di documentare la vita di alcuni ragazzi a distanza di 7 anni. Il primo documentario esce quindi nel 1964, il secondo poi nel 1970 (14 anni), poi 1977 (21), 1984 (28), 1991 (35), 1998 (42), 2005 (49), 2012 (56) e 2019 (63 up). Con la regia di Apted, attraverso le interviste vediamo cosa è successo nelle vite di queste persone.
La caccia” di Manoel de Oliveira regista portoghese morto a 106 anni, è un corto in cui due amici decidono appunto di andare a caccia, ma senza fucili, così niente di male può succedere. Quando si dice il caso: uno finisce nelle sabbie mobili, e sta all’altro amico escogitare il modo per salvarlo.
La donna di sabbia” di Hiroshi Teshigahara è un Thriller nel quale un entomologo va a caccia di insetti in una zona desertica e finisce in una fossa nella quale c’è una capanna con una donna, che trascorre la vita a spalare sabbia, come in un supplizio di Tantalo, ogni santo giorno, per evitare di essere sepolta. L’entomologo è stato intrappolato lì affinché possa contribuire al lavoro della donna e trascorrere con lei il resto della vita. Come un insetto in trappola, l’uomo cerca in tutti i modi di scappare.
“L’uomo del banco dei pegni” è un film di Lumet con Rod Steiger, due garanzie insomma. C’è un ebreo che lavora in un banco dei pegni. Trascorre la sua vita a valutare gli oggetti che gli porta la gente, privato ormai di ogni emozione. Il suo giovane commesso non è niente per lui, i suoi clienti non sono niente per lui. Osserva gli oggetti, li stima al ribasso, ci mette l’etichetta e così passa la giornata. C’è una donna che prova a mostrargli segnali d’affetto: non è niente per lui. Quest’uomo respira, ma non è vivo. Pare che fosse uno dei ruoli preferiti da Steiger, attore dalle scelte molto coraggiose che negli anni ’60 spesso lavora con registi italiani, anche in piccole produzioni. Il film è pieno di sentimenti da scavare in profondità, che esplodono con violenza nella parte finale.
Zorba il greco” è l’amicizia improbabile tra Anthony Quinn e Alan Bates. Quinn è Zorba, che non ha paura di niente e si butta a capofitto nella vita e nelle esperienze. A lui la gente piace, ci parla, ci ride e ci beve, si fa anche i fatti degli altri ma è generoso se serve, e comunque manda avanti la sua vita. È estroverso al 100% ed è un personaggio interessante interpretato magnificamente da Anthony Quinn, attore dalla lunga carriera. Alan Bates è gentile, preciso, riservato, discreto, riflessivo. Non si lancia, chiede permesso, è un tantino represso ma è un buon amico e una brava persona. Quinn adotta Bates e gli cambia la vita. Finiscono per conoscere una donna sola che è Lila Kedrova, che vive nel passsato. Mostra le gambe, si veste coi pizzi, finge una felicità che non possiede più, si comporta da adolescente. La Kedrova cerca ancora la vita e Quinn la accontenta. Questi personaggi così diversi raccontano una storia interessante. Memorabile la morte della Kedrova, con le vecchie del paese che vanno a saccheggiare la casa. Bates è uno degli attori più sottovalutati degli anni ’60 e ’70.
Un giorno di terrore” è il titolo italiano di “Lady in a cage”, che forse è meglio, si tratta di Olivia de Havilland, che è una scrittrice che ha avuto un incidente e quindi è costretta temporaneamente alla sedia a rotelle, quindi si muove nella sua bella casa grazie a un ascensore che la porta dal piano delle camere al soggiorno e alla cucina. Il figlio va via per il fine settimana, ma represso dalla madre ha propositi suicidi, ebbene Olivia resta sola in casa. Purtroppo per lei va via la corrente quando l’ascensore è a metà, e così resta sospesa. Salire non può, scendere non può, saltare nemmeno, arrampicarsi non se ne parla. Suona l’allarme, ma nessuno sente. Non esistevano mica gli smartphone, qui si rischia di restare in ascensore molto, molto a lungo. Succede quindi che un ubriacone entra in casa e sotto gli occhi impotenti della de Havilland pensa bene di accumulare un po’ di refurtiva. Non contento, va a chiamare altri suoi amici, più delinquenti e spregevoli che mai. Capitanati da James Caan, questi teppisti metteranno a ferro e fuoco la casa della de Havilland che guarda impotente quello che accade. Bellissimo e dimenticato titolo che vale la pena riscoprire in onore della mega star di recente morta alla bella età di 104 anni.
submitted by yabluz to italy [link] [comments]

[Rant] Mi sono rotto il cazzo, voglio che collassi tutto

Già postato su collapsesupport in inglese, ma voglio condividerlo anche con voi compatrioti.
Ho 18 anni. Prima che si scatenasse il casino ero una persona molto solitaria e volevo provare ad aprirmi un po'. Volevo uscire, conoscere qualche ragazza, andare in Erasmus... ma no, COVID. Così eccomi qui, bloccato in casa mia, a vivere l'ultimo anno di scuola davanti a uno schermo con i professori che ci stressano a morte per "L'EsAme di StAtOh!1!!11!!1!1!1!1!!!!" o "I VoTiH!!1!1!1!!!" o per qualsiasi altra puttanata di cui dovrei preoccuparmi solo a causa di questa società del cazzo a cui importa solo di questi stupidi numeri su una tabella Excel a scapito del tuo vero valore e della tua salute mentale. Ma comunque...
La cosa che mi fa incazzare abbestia è che gli anni di cui sono stato derubato non torneranno mai più. Dopo la laurea, dovrò andare all'università, lavorare fino a farmi esplodere il cervello e fino alla morte visto che probabilmente non otterrò mai la pensione, vivere i disastri climatici... e poi morire. Tutto questo per colpa di uno stupido cazzone che si è mangiato un pangolino, di qualche superpotenza il cui leader ha la mamma troia o di qualche riccone del cazzo. Ogni volta che leggo le notizie, leggo solo di disastri e di miseria.
Sapete una cosa, a questo punto? Fanculo questa merda, fanculo la democrazia, ci ha portato solo ad essere governati da gente come Trump. Voglio una dittatura mondiale: un Paese non raggiunge il suo obiettivo di riduzione di CO2? Bombardato. Amazon cerca di fare pressione sul sistema politico corrompendolo? Gli si bombarda la sede. Qualche corporation inquina e usa i suoi dipendenti come schiavi? Bombarda, bombarda, bombarda. Solo la sinistra è permessa, i conservatori vengono proibiti e repressi. Chiunque creda nella negazione del cambiamento climatico viene chiamato idiota e imbecille in diretta sulla TV nazionale, censurato e arrestato. I partiti di estrema destra vengono sciolti per decreto. Ma purtroppo è solo fantasia.
Un altro risultato, più probabile, è la rivolta mondiale, o addirittura la guerra nucleare. Sinceramente spero anche in questo, se non si può avere la dittatura mondiale. Voglio vedere i responsabili della nostra miseria morire lentamente e dolorosamente, sanguinare dai polmoni, essere picchiati da tutte le persone che hanno fottuto in questi anni. Voglio vedere l'intero sistema crollare. Soffriremmo per un po' di tempo, ma dopo potremmo ricostruire un mondo migliore.
Una terza via, la più utopica, sarebbe che si inventi la macchina del tempo in modo da poter tornare a quello che credo sia stato il culmine dell'umanità, cioè dagli anni Settanta agli anni Novanta. Niente social media, niente Trump, niente estinzione climatica incombente, contatti umani veri, nessuna pandemia... ah, bei tempi! Ma no, purtroppo sono dovuto nascere in quest'epoca di merda, dove avrò solo le briciole di quello che hanno avuto i miei genitori/nonni. Se non posso riavere indietro le opportunità che mi sono state rubate, trascinerò tutti nella mia stessa miseria. So che è una mentalità sbagliata, ma onestamente non me ne frega più niente.
EDIT: Il testo originale era in inglese, l'ho poi ritradotto in italiano per fare prima, nel caso ci siano frasi poco comprensibili segnalatemelo.
submitted by Idrossidodidrossido to Italia [link] [comments]

Di come un tassista bulgaro mi salvò la pellaccia [Parte 1 di 3]

[L’itinerario che seguirò in questo breve racconto non sarà precisamente quello che feci all’epoca, cercherò di essere stringato e di seguire solamente le tappe principali di quel viaggio che mi cambiò la vita, per amor di sintesi salterò diversi paesini e particolari. Le tappe saranno: Trieste - Zagabria - Sarajevo - Belgrado - Sighetu Marmației - Sofia - Istanbul - Kulata - Salonicco - Atene - Patrasso - Ancona]
Avevo compiuto da poco 20 anni quando decisi che quell’estate avrei visitato tutti quei paesi che negli scorsi anni non avevo avuto modo di visitare. I soldi c’erano, non moltissimi, ma a sufficienza per tanti spostamenti, avevo calcolato parecchie notti in tenda e in treno, avevo due o tre contatti in Romania e a Belgrado, e l’unica cosa di cui ero certo è che sarei partito da Trieste a Giugno, per il resto sapevo solo che volevo scoprire quanto più possibile dell’est Europa. L’idea del budget me la feci studiando le tratte e i cambi di moneta, feci la somma di tutte le tratte in treno che avrei dovuto fare, comparai con bus e mi informai su internet in merito agli autostop, mi calcolai non più di 15€ al giorno per mangiare, e consideravo che in posti come il Maramureș ne bastano anche 4€. Sebbene i tanti calcoli che comprendevano anche un possibile traghetto finale rimasi comunque a corto di soldi negli ultimi giorni, rischiando pure di rimanere bloccato al confine tra Bulgaria e Grecia.
Comincio col dire che non sono di Trieste, per essere esatti all’epoca vivevo a poco più di 400 km dalla città, ma c’era più di un motivo per partire da lì: conoscevo un posto dove poter dormire senza pagare, per caso c’era in centro un mio carissimo amico ad aspettarmi, e poi Trieste è bellissima. Un po’ di autobus un po’ di autostop e arrivai in città cercando subito il posto dove mi sarei sistemato per la notte, era una scuola gestita dai Gesuiti dove partivano molte missioni umanitarie. Non ricordo benissimo l’ubicazione ma se dovessi tornare a Trieste credo ritroverei quel posto, era relativamente vicino al giardino Muzio de Tommasini, salendo per via Fabio Severo, poco prima dell’Università. Giuseppe era piuttosto esperto di viaggi verso l’est, all’epoca era nella Lega Missionaria Studenti, un gruppo di fanatici attivisti religiosi che non mi andavano per nulla a genio, ma Giuseppe era diverso, lui non era con quelle persone perché smosso da chissà quale impeto moral-religioso, macché, lui era lì tutte le estati per un semplice motivo: la fica. Certo, era bello aiutare gli anziani e gli orfanelli, ma anche sbatterglielo in culo alle giovani purissime missionarie era per lui motivo d’orgoglio. Quella notte fu impossibile dormire a causa del pavimento della scuola, butterato e con diversi strati di polvere, avrei dovuto comprare un materassino più solido per il sacco a pelo, ma all’epoca avevo paura a caricarmi troppe cose, avevo l’idea che se avessi cominciato con i materassi di lusso e i cuscini a prova di fulmine mi sarei presto ritrovato a scarrozzarmi comodini, sveglie meccaniche, forni a microonde e impianti hi-fi. Ero un coglione. Così forzai Giuseppe a passare la notte per le strade di Trieste, dove inscenammo un finto litigio al giardino lì vicino.
[N.d.A: questo è un nostro cavallo di battaglia, lo chiamiamo semplicemente “Alice”. “Alice” in pratica è un esercizio d’improvvisazione teatrale di nostra invenzione, quando uno dei due chiede all’altro: «Ma come sta Alice?» è il segno che si vuole cominciare, è regola che non ci si possa sottrarre alla sfida indipendentemente dal contesto. L’idea è che chi ha chiesto per primo come sta Alice sia anche interessato romanticamente alla suddetta, mentre chi risponde deve costantemente sviare oppure parlare di altre Alice confondendo il più possibile l’interessato. Più volte, dopo un’escalation di equivoci e battibecchi, abbiamo finito urlandoci l’uno contro l’altro per poi, dopo pochi passi di sfida, abbracciarci solennemente, tra gli applausi oppure lo sconcerto generale. L’ultima volta che è successo è stato tre anni fa, lo presi parecchio di contropiede, anche perché ero testimone al suo Matrimonio.]
Senza aver quindi dormito partii per la Croazia, dove restai qualche giorno nei dintorni di Zagabria. Una cosa che notai subito fu la furia assassina con la quale gli autisti dei bus croati viaggiavano, temevo per la mia vita ad ogni sorpasso, l’autista per le curve seguiva la traiettoria di una Formula 1 all’ultimo giro utile di qualificazione. Il paesaggio sloveno che superai lo conoscevo già, avendo tempo addietro sostato a Maribor, una bellissima città fiorita sul Drava. L’ostello che trovai vicino alla stazione centrale costava poco e nei dintorni c’erano molte zone dove ci si poteva accampare, d’estate per fortuna viaggia molta gente per cui non si era mai davvero soli. In città mi feci fare un cappello da un artigiano, il mio pessimo slavo e il suo terribile italiano non furono particolarmente d’impaccio. Ebbi in quei soleggiati giorni l’occasione di visitare il Museo d’arte Moderna, rimanendo impressionato non tanto dal Liberty croato (di grande pregio e dalle magnifiche intuizioni cromatiche, un continuo scontro tra paesaggi algidi e freddi e intarsiature dorate) quanto dall’incredibile catalogo di artisti avanguardisti. Poter vedere le opere di Anto Jerković dal vivo mi ha fatto molto riflettere sulla qualità dell’Informale europeo, sulla diversità degli stili e l’influenza immensa di van Gogh e Yves Klein sull’arte pittorica contemporanea [anche se, a onor del vero, il più originale interprete di Klein per me resta il californiano Don Van Vliet]. Una sera che ero per la Ulica Ivana Tkalčića, mi misi ad ascoltare una band garage in uno dei tanti locali della via, feci velocemente amicizia con una coppia e parlammo tutta la notte de Le ballate di Petrica Kerempuh mentre io ero reduce dall’apocalisse grammaticale di Viaggio al termine della notte. Céline mi accompagnava in quei giorni, quando non disegnavo sul mio taccuino lo leggevo avidamente, prendendo appunti come faccio sempre a bordo pagina, sconfinando nei paesaggi di una Francia oscena e decadente mentre attorno a me i giovani sembravano aver dimenticato il suono delle bombe di un decennio fa.
Partì per Sarajevo che era giorno, prendere i treni-notte mi sembrò una grande idea per diversi motivi: il primo era che costavano poco e mentre ti spostavi potevi dormire, il secondo era che essendo estate erano tanti i giovani che facevano Interrail o robe così, il solito discorso, meglio stare sempre in compagnia. Peccato che a discapito della mia geniale intuizione quasi tutti i viaggi su rotaia si rivelarono dei pandemoni hippie, dove la gente beveva e fumava tutta la notte gozzovigliando al suono della peggior musica balcanica. Per carità, sempre meglio dei Modena City Ramblers, ma comunque uno stupro per le mie orecchie all’epoca dedicate al dolce suono dei Minutemen e di Iannis Xenakis. In quel viaggio per Sarajevo mi ritrovai in cabina con un gruppo di francesi veramente molesti. A parte il continuo far casino, che potevo benissimo capire, era lo “stile” a destarmi irritazione. Giocavano a orribili giochi di società per smartphone, di quelli dove devi riconoscere il marchio famoso e scriverne il nome o boiate simili. Nessuno di loro, fra l’altro, aveva la benché minima idea di chi fosse Luis-Ferdinand Céline. Beh, ero uno snob di merda, portate pazienza, avevo anche appena 20 anni, oggi probabilmente romperei meno i coglioni e giocherei con loro. La notte tentai di dormire ma non servì a molto, perché appena mi addormentai ci fermarono alla dogana. Fu un viaggio tosto, passai molto tempo nel corridoio mentre la notte ingoiava ogni residuo stellare, ballavo, pisciavo nel lavandino (il cesso era intasato di lattine di birra), pensavo a com’era bello il mio cappello artigianale e a quanto fossero grandi i corvi croati.
Una delle prime cose che imparai della Bosnia ed Erzegovina è che “barbiere” si scrive “Freezer” e questo mi faceva ridere da matti. Arrivati alla stazione di Sarajevo ero a pezzi e pieno di rancore per i francesi scassa-balle, erano le 4 e mezza del mattino e non c’era anima viva, se non un tipo piuttosto giovane e pelato che mi venne subito incontro chiedendomi in un buon inglese se avevo già dove dormire in città. Allora ragazzi: non fidatevi mai di gente che aspetta i turisti alle stazioni, se vi va di culo finite come tra poco vi racconterò, se vi va male… vi va male. Comunque io ero cotto e avevo bisogno di un giaciglio vero, per cui accettai la sua offerta di portarmi al suo “ostello”. Mentre eravamo in auto il tipo ricevette una telefonata, capii che mi riguardava ma non riuscivo a decifrarne il contenuto. Ad un certo punto il tipo mi guardò e mi disse che c’era un problema: gli sono rimaste due camere ma siamo troppi maschi e ci sono due ragazze, la sua collega ha infatti intercettato dal mio stesso treno un gruppo di cinque francesi. Considerando di aver ballato e bevuto per tutta la lunghezza del treno sapevo benissimo che l’unica comitiva di testosteroni francesi non poteva che essere la mia. Insomma, dice il tipo, qualcuno deve dormire con le ragazze olandesi che sono già in ostello, mentre gli altri andranno in camera con due anziani. Indovinate quindi con chi feci andare i francesi. L’ostello non era tale, o meglio, era un luogo con quattro pareti e un soffitto, ma era osceno. Era tutto in cemento vivo, non sembrava nemmeno finita la struttura con tutte le armature in ferro ben visibili e arrugginite. Il pavimento della camera che dividevo con le olandesi era spaccato e in salita. La mia prima mattina in quel posto resta una delle mie sveglie più assurde ed improbabili. Seduti su una sorta di terrazza che sembrava stare in piedi con lo sputo ci siamo io e le olandesi a mangiare una buona colazione portata dal proprietario, ma quando si presentano i francesi non riesco più a mangiare. Arrivano, tutti pallidi e visibilmente stanchi, assieme ai loro due compagni di camera: due stravecchi raggrinziti vestiti (non sto scherzando) da gendarmi nazisti, con tanto di fascia al braccio. Decisi in quel momento che non mi andava di passare troppo tempo in ostello.
Sarajevo è una città straziante, sotto il suo strato di cemento e polvere si celano le nevrosi e le tragedie di troppe guerre e conflitti. Visitai poco la parte turistica della città e dedicai parecchio tempo alle periferie e ai borghi a causa del loro fascino umano. Visitai anche le città limitrofe, scoprendo diverse bellezze del paese. Una sera, passeggiando, con la coda dell’occhio vidi un uomo disteso malamente su una scalinata. Pensai fosse morto o robe così, e andai a controllare se era il caso di chiamare aiuto. Il tizio era grosso e puzzava di alcol, respirava pesantemente e provai ad alzarlo. Mi ci volle un po’ ma lo misi a sedere. L’uomo, cominciò a raccontarmi in un buon italiano, aveva lavorato da giovane a Firenze dove aveva passato i migliori anni della sua vita, come un classico immigrato in cerca di fortuna. Tornava poco nel suo paese, ma abbastanza per farsi una famiglia. Purtroppo la distanza e la sua voglia di viaggiare non furono un sufficiente collante, e ora da qualche mese cercava di riallacciare con la sua unica figlia, inutilmente. Era caduto in depressione e non faceva altro che bere. Lo riaccompagnai a casa, un piccolo appartamento di periferia, bianco fuori e con delle orribili luci verdi all’interno. I muri sembravano di cartapesta, pieni di crepe dalle quali sbucavano fuori insetti di ogni forma. C’erano parecchie bottiglie a giro e DVD di film italiani, tra cui Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi. Come per Giovanni delle Bande Nere anche per il mio nuovo amico sembrava non ci fosse molta speranza, era tornato a casa per ritrovare la famiglia, ma sua moglie l’ha rinnegato e la figlia non voleva parlarci. Non bevvi quello che mi offrì, e parlammo fino a notte inoltrata, prima di salutarci per sempre.
In un altro vicolo della città in cui mi persi in quei giorni plumbei venni attratto da dei rumori curiosi, come di vecchie VHS. Girando un sudicio angolo scoprii questo posto che sembrava strappato dalla realtà circostante. Era una sorta di pub collassato su se stesso, pieno zeppo in ogni centimetro di vecchissimi mobilii, cornici, set di tazze e tazzine, lampadari di ogni genere e non tutti appesi al soffitto che ne era comunque saturo, tutto sembrava dorato e riflettente, specchi arrugginiti e deformanti, sedie di ogni dimensione e colore, tutte antiche, come anche i tavolini e il bancone. Ma la cosa più strana era la presenza di decine di vecchi televisori, tutti accesi, dove delle videocassette mandavano scene della vecchia Sarajevo. Ero stordito e ammaliato da tutto questo. Nero, così si faceva chiamare il proprietario, era piuttosto giovane, mi spiegò che era figlio della più famosa coppia di antiquari della città. Lui non aveva mai vissuto molto a Sarajevo, era infatti un viaggiatore anch’egli, pieno di aneddoti spassosissimi resi ancora più ilari dai buonissimi rum che continuava a versarmi. Purtroppo i suoi genitori vennero a mancare l’anno prima, e così si ritrovò con garage e garage pieni delle cose più strane e improponibili. Decise quindi di trasformare il vecchio negozio dei suoi genitori in un locale dei più eccentrici mai visti. Dopo qualche ora s’era fatta una certa e io avevo fame e chiesi a Nero quale fosse la miglior baracca della zona dove rifocillarsi a dovere, lui mi indicò la porta esattamente di fronte al suo locale. Gli dissi che non mi andava di mangiare a casa di qualcuno, preferivo un locale o comunque un postaccio dove poter degustare qualche specialità. Allora mi prese per mano e mi portò al portone, bussò e ci aprì un cameriere. Ok, allora è un ristorante, senza insegna ma ok. Alla vista di Nero il cameriere iniziò a tirare fuori tavolini e sedie, apparecchiando in mezzo alla stradina, dopo poco mi prende e mi fa entrare in quello che chiaramente è l’androne di un normalissimo condominio, scendiamo delle scale a chiocciola che, normalmente, porterebbero ad uno scantinato, e dove invece risiedeva una piccola ma ordinatissima e pulitissima cucina. C’era un cuoco e il suo sous-chef, stavano preparando cose inimmaginabili per il mio limitato olfatto. Mi chiese cosa mi andava di mangiare e io gli dissi che mi fidavo pienamente di qualsiasi roba potesse uscire fuori da quello sgabuzzino. Feci strabene. Mi portarono quello che, ad oggi, è il più buono, tenero, burroso e gustoso filet mignon al pepe verde che abbia mai divorato. Quella cena me la pagò Nero di soppiatto, costringendomi moralmente a tornare la sera dopo accompagnato dalle due olandesi che letteralmente impazzirono per il posto. Vorrei tanto ricordarmi di preciso dove fosse ‘sto locale, ricordo solo che era una traversina di una parallela di Mula Mustafe Bašeskije, nient’altro.
Un’altra cosa che mi colpì molto della città fu la famosa piazza Baščaršija su cui si affacciavano rispettivamente una moschea e una chiesa ortodossa. Mi sporsi alla moschea e potei seguire tutta la funzione. Le enormi scritte sui muri dipinte su dei semplici tendaggi mi ricordarono quanto la Parola per gli ebrei e gli islamici abbia un valore diverso e catartico, i cristiani infatti credono che il Verbo si sia fatto Carne, ed in questo Cristo rappresenta il tramite per il divino, non più Profeti ma direttamente la Parola che respira come noi. Nella moschea invece la Parola prendeva forme e colori diversi ma rimaneva Parola, e anche se salmodiata con ipnotica intensità si poteva avvertire tutto il suo peso morale. Oggi, studiando sopratutto testi del buddismo c’han e dello zen giapponese che ne deriva, scorgo ancora più malinconia in quelle religioni che si appigliano alla Parola con strenua fedeltà. La paura e la povertà fanno prosperare le religioni, che serpeggiano tra tappeti, sedie e simulacri, s’aggrappano alla mortalità e promettono una fine alle sofferenze. È una vita sacrificata sull’altare della morte.
Quando arrivai a Sarajevo avevo in mente un preciso itinerario, ma decisi di sostare in Serbia prima di andare in Romania, anche se mi era stato sconsigliato da Giuseppe mentre ero a Trieste. Presi un altro treno notturno assieme alle due ragazze olandesi che bevvero vodka per tutto il tragitto. Quando mi svegliai il paesaggio era cambiato drasticamente: villaggi ridotti ad una fatiscente miseria si accavallavano uno dietro l’altro mentre ci avvicinavamo a Belgrado. Ricordo che l’aria era torbida e colorata di un pesante ocra.
[FINE PRIMA PARTE, scusatemi ma sono un po’ stanco di scrivere! Mi scuso per ogni eventuale errore grammaticale e per la scarsa chiarezza della prosa ma non sono abituato a scrivere di getto. Domani, sempre che interessi, butterò giù del resto del viaggio, ma temo ci vorrà una terza parte per concluderlo.]
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Real Life Soap Opera - Episodio VI: Tanto gentile e tanto onesta pare

ep I, ep II, ep III, ep IV, ep V
riassunto della puntata precedente Nonostante l’intromissione della bionda Renzo e Lucia hanno amoreggiato tuta la sera e solo uno scoppio di pianto di Gertrude ha impedito ai due di concludere la serata in bellezza. Entrambi sembrano dimostrare sincero interesse l’uno per l’altra. Renzo è quindi molto sorpreso quando scopre che Lucia ha chiuso ogni contatto con lui bloccandolo al telefono.
Episodio V: Tanto gentile e tanto onesta pare
Renzo è sorpreso, è amareggiato, è perplesso. Cosa avrà mai fatto di male stavolta? Cosa avrò detto inavvertitamente che possa aver causato la rabbia di Lucia? ripercorre mentalmente la serata passata ma non riesce a trovare niente che possa aver offeso nessuno o dato adito a interpretazioni strane.
Sarà l’eccesso di emozioni, sarà lo stato d’animo miserevole in cui si trova, saranno state le birre, la mancanza di sonno… Renzo sta malissimo. Febbre, dolori ovunque, una debolezza tremenda. Gli antibiotici che sta prendendo servono solo come profilassi contro problemi secondari e peggiorano solo la situazione. Insomma, una forte influenza, da manuale.
L’enigma di Lucia passa in secondo piano mentre Renzo è costretto a letto. la sua mente obnubilata non è di certo in condizioni tali da permettergli di schiarirsi le idee, e così giace, tormentato dai dubbi e dalla febbre, per due giorni interi.
il terzo giorno, come da tradizione, decide di sentirsi abbastanza bene da uscire.
Niente di nuovo sul fronte occidentale. Renzo non ha più provato a contattare Lucia, un po’ perchè ha paura di peggiorare la situazione, un po’ perchè non gli è ben chiaro se lei sia ritardata o che e non saprebbe nemmeno cosa dirle.
Renzo odia lo shopping. Odia le folle, odia le orde di turisti che sciamano per il centro durante le feste, odia i mercatini di Natale, odia le musichette festive, e odia il fatto di non potersi godere la bellezza dei viali e delle piazze per dover fare lo slalom tra mandrie di turisti giapponesi, la gente che si fa i selfie e le ragazzine obese che campeggiano davanti ai negozi di accessori. Ciononostante, ultimamente ha freddo ai piedi e deve comprarsi un paio di scarpe più calde.
Il piano è semplice e ben rodato: 15 minuti di metropolitana fino al centro, 3 minuti per raggiungere il solito negozio di abbigliamento, 10 minuti per pescare un paio di scarpe da tennis qualsiasi e indietro. totale stimato: un’ora.
Tutto fila alla perfezione. A tredici anni Renzo andava in giro con le Stan Smith e lo prendevano per il culo perchè erano da vecchi. adesso sono tornate di moda e costano uno sproposito. la scelta ricade quindi su un paio di “scarpe-da-tennis-bianche-generiche” che sono uguali e costano la metà.
E’ il 30 Dicembre e dentro al negozio c’è sorprendentemente poca gente. Renzo paga e nota con soddisfazione che sono passati esattamente 45 minuti da quando è uscito di casa. perfetto.
Esce sul marciapiede e incontra Lucia.
Lei lo fissa con un’espressione allarmata. Renzo ha probabilmente la bocca aperta come un idiota. I due rimangono interdetti qualche secondo e poi scoppiano a ridere in contemporanea.
PUBBLICITA’ in un episodio da orribile commedia rosa all’italiana, le pubblicità hanno come target la demografica che tipicamente guarda questa robaccia. ovviamente io non sono la casalinga di voghera, quindi non ho idea di cosa possano reclamizzare… scope elettriche? mastro lindo? boh
Forse questa coincidenza incredibile è un segno del destino? Viene fuori che a Lucia piace molto il centro della città e che, essendo una bella giornata, stava semplicemente passeggiando e guardandosi intorno.
Dopo i dovuti saluti e convenevoli i due si spostano verso la piazza dove c’è un po’ di spazio e un po’ di sole. Lucia spiega subito a Renzo come mai ha deciso di bloccarlo come una quattordicenne offesa.
Anche lei l’altra sera si è divertita un sacco, e anche Gertrude. Renzo le piace molto e trova che Tonio sia molto simpatico. Si è resa conto di aver esagerato tremendamente con Renzo e si scusa per essersi comportata così. Teme di non riuscire a controllarsi e di fare qualche altro errore che metterebbe a repentaglio la sua relazione con Don Rodrigo, e per questo motivo aveva deciso di troncare ogni contatto. Si rende conto di averlo fatto in un modo maleducato e si scusa, avrebbe sicuramente ricontattato Renzo per spiegarsi ma aveva bisogno di un po’ di tempo.
Insomma, un patema interminabile per dire che, causa Don Rodrigo, non vuole aver niente a che fare con Renzo.
La posizione di Lucia ha anche senso e sarebbe anche comprensibile, quello che la rende però poco credibile è che mentre spiega queste cose, i due stanno ormai vagando da una mezz’ora buona e lei comincia a distrarsi con le vetrine, i mercatini e qualche bello scorcio del centro, ed ecco che in un attimo è passata dallo spiegare il suo grave problema morale a passeggiare con Renzo sotto braccio
Sarà l’atmosfera festiva, ma in breve tempo Lucia sembra aver dimenticato Don Rodrigo e tutti i suoi problemi. Ripartono i soliti violini: Lucia convince Renzo a entrare nei negozi, gli fa provare roba, lo fa passare per i mercatini di natale, lo fa passeggiare amabilmente per quelle stesse vie che lui solitamente evita come la peste perchè sono piene di stronzi che passeggiano lentamente e non si riesce a camminare al passo giusto.
è diventato uno di loro.
Il povero Renzo è una persona introversa, cinica e riflessiva. Messo davanti a una ragazza energica ed entusiasta come Lucia non ha la minima speranza di stare al suo ritmo: lei fa, disfa, parla, guarda una cosa, poi un’altra, ride, scherza, si entusiasma di tutto e di tutto si dimentica dopo 30 secondi. In confronto a Renzo sembra fatta di cocaina.
Lui segue, anzi arranca. Non conta un cazzo. E’ sempre lì lì per tirare fuori un’obiezione: ma non hai mica appena detto tutta quella roba di Don Rodrigo, e che ti senti in colpa, e che non vuoi fare errori eccetra eccetra? sei ritardata? ti svegli?. Ovviamente non ci riesce.
Il colpo di grazie gli arriva quando Lucia, additando della biancheria sexy in una vetrina, ride come una bambina e gli chiede se secondo lui le starebbe bene. Come al solito si sente un metaforico scoppiettio e un metaforico odore di bruciato. gli si spegne il cervello e perde ogni resistenza. ogni obiezione evapora come neve al sole.
Dopo aver girato chiacchierando per tutto il pomeriggio e aver condiviso un enorme cono di carta pieno di patatine fritte bollenti i due stanno gravitando non lontano da casa di Lucia, quando lei lo invita a salire per un caffè. Renzo ormai non capisce più niente e la segue come in trance, senza nemmeno chiedersi più cosa stia succedendo.
Lui, in quanto italiano, è addetto a fare il caffè. Lei taglia fette di panettone. Il caffè non è ancora uscito dalla caffettiera che Lucia ha un raptus improvviso: per favore vai via.
Renzo esita, per il semplice motivo che gli ci vuole un attimo per processare gli eventi. Lucia diventa immediatamente nervosa, alza la voce e le viene da piangere. Butta lì delle frasi sconnesse in mezzo spagnolo e mezzo inglese, dice che sta sbagliando e si sente in colpa. adesso? dopo tutto ‘sto casino impazzisci mentre stiamo bevendo un caffè??
Renzo viene scacciato di casa in malo modo senza riuscire nemmeno a chiederle che droghe usa. Per l’ennesima volta si ritrova sotto casa di lei senza sapere bene cosa sia appena successo.
Cinque minuti dopo, mentre sta prendendo la metropolitana per tornare a casa, suona il telefono. E’ incazzato come una biscia, non risponde.
Fine dell’episodio VI
messa per iscritto ‘sta storia sembra sempre più un dramma adolescenziale. ricordo, giusto per aggiungere alla demenzialità della cosa, che Lucia ha 25 anni e Renzo va per i 28.
le coincidenze, i patemi, i colpi di scena improvvisi che sembrano inventati da un dodicenne sono esattamente il motivo per cui mi hanno suggerito (è stato Bortolo, posso dirlo) di farne una soap.
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Sono tornato da poco dall’Iraq da un reportage fotografico sul genocidio degli Yazidi e della loro più importante festa religiosa che non tenevano da 4 anni: AMA

Salve gente, son di nuovo qui, per la terza volta dal 2014, a tediarvi con le mie foto e reportage iracheni :-) Questa volta sono andato in Iraq, con l’obbiettivo di raggiungere Raqqa attraversando il nord Iraq (cosa che non è andata a buon fine, più avanti vi spiego il perchè) e di fare un reportage sugli Yazidi. Sul loro genocidio perpetrato dall’ISIS e sulla loro più importante festa, chiamata Cejna Cemaiya, che si è svolta per la prima volta in quattro anni (cioè da quando è iniziato il genocidio nel 2014). Vi spiego con ordine, la mia idea era quella di entrare in Iraq, prendere un amico/fixer e con lui andare a Raqqa in Siria, e tornando indietro di fare un reportage su Sinjar e sul famoso monte/zone dove si è perpetrato il genocidio. E infine fermarmi a questa festa yazida il 6 Ottobre (tra l’altro giorno del mio compleanno). È andato tutto come volevo, tranne l’ingresso in Siria, o meglio, l’uscita dall’Iraq. È successo tutto in modo molto strano, io sono entrato in Iraq dalla Turchia, dal Kurdistan Iracheno (che èuna regione indipendente dello stato Iracheno), con il visto kurdo/iracheno ma il giorno dopo il mio arrivo, quando stavamo andando verso Mosul, al primo checkpoint in uscita dal Kurdistan, un agente dei servizi iracheni mi ha bloccato e fotografato il mio passaporto e tessera di fotografo, imprendendomi di proseguire poiché sprovvisto di visto iracheno. Al che ho chiamato l’ambasciato Italia per chiedere informazioni su questa storia del visto iracheno e al telefono mi sono state dette queste parole “Mi dispiace ma visto i recenti dissidi tra il Kurdistan e l’Iraq, lei doveva richiedere il visto a Baghdad per uscire dal Kurdistan ed entrare in Iraq. Sono spiacente ma devo comunicarle che lei è-tra virgolette- prigioniero in Kurdistan”. Al che ho strabuzzato gli occhi e abbiamo deciso di provare ad uscire da un alto checkpoint. Mi sono nascosto/mimetizzato un pochino e siamo passati senza problemi. Direzione Mosul, come l’anno scorso. Con la differenza che l’anno scorso la città era stata liberata da ISIS pochi giorni prima ed era ancora zeppa di cecchini e trappole esplosive (vedi reportage). Quest’anno la città era totalmente cambiata e rinata! Pazzesco vedere dove prima c’erano 2 auto, adesso 200 auto e un mercato all’aperto. Son rimasto piacevolmente sorpreso, era tornata una città araba con tutto il suo totale casino. Solo la vecchia parte/centro storico è rimasto completamente distrutto. Attraversare quei 2/300km dal Kurdistan alla Siria è un’impresa perchè l’unica strada è massacrata, ogni 50/100 metri manca un pezzo o c’è un cratere perchè viene minata di continuo. Ad ogni modo siamo arrivati fino all’ultimo villaggio prima della Siria, dove il mio amico ha dei parenti e mi aspettavano con un pick-up per andare fino a Quamishli e poi cambiare auto con una targata siriana. Abbiamo anche fatto un visto dell’esercito yazida che controlla quei territori. Arrivati all’ultimo checkpoint prima di uscire dall’Iraq (non c’è più un confine ufficiale) la sorpresa: ci fermano e dicono di attendere degli ufficiali per dei controlli. Dopo un’ora nel deserto arriva uno squadrone di 4 Humvee e due pick-up da dove scendono dei figuri che facevano male solo a guardarli :-) l’ufficiale per fortuna parlava bene inglese e mi ha chiesto come diavolo avessi fatto ad arrivare fino lì senza visto iracheno e che non potevo andare oltre perchè se mi succedeva qualcosa, il governo italiano avrebbe ritenuto quello iracheno, il responsabile. Inoltre avrei potuto avere dei seri problemi a rientrare in Iraq dalla Siria, poiché ufficialmente non entrò mai entrato in Iraq senza visto. Del visto kurdo a loro non interessava nulla. “Loro sono iracheni, non curdi”. Pazzesco. Ho chiesto spiegazioni al mio amico e mi ha detto che si è tenuto un referendum per l’indipendenza del Kurdistan un mese prima, referendum vietato da Baghdad ma che i curdi hanno tenuto comunque. La ritorsione per aver tenuto questo referendum è stata la sottrazione di alcune aree sotto il controllo curdo. Tra cui Sinjar appunto. Infatti il mio amico era più sorpreso di me a vedere dei militari iracheni, quando fino a un paio di mesi prima, erano Peshmerga curdi.
Quando mi è stata detta la situazione ho rinunciato all’ingresso in Siria e ho proseguito il mio viaggio.
Sono andato sul monte di Sinjar che è li vicino e dove si è tenuto genocidio dell’ISIS verso gli Yazidi. Cosa è successo? Praticamente nel 2014 l’ISIS ha sfondato il confine siriano/iracheno entrando fino Mosul. E tutti i villaggi tra il confine e Mosul sono abitati prevalentemente da Yazidi. Quando l’ISIS entrava nei villaggi non faceva domande, non chiedeva di pagare una tassa (come faceva per i cristiani) ma uccideva tutti indiscriminatamente. Molte persone sono state messe in fila a gruppi di 50/100 e sparati. Per questo l’ONU parla di genocidio. C’era il preciso intento di eliminare una etnia, quella yazida. Le persone hanno incominciato a scappare a piedi, armate, rifugiandosi su questo monte che sovrastava e villaggi di Sinjar, sono salite 50.000 (50mila) persone su questa aspra montagna a 1600m slm. Da lì sopra, con le loro armi e con l’aiuto della coalizione internazionale, sono riusciti a respingere gli attacchi dell’ISIS per mesi. Il problema era che non riuscivano nemmeno a scendere perchè ISIS aveva circondato il monte, e ovviamente non riuscivano nemmeno a prendere acqua e cibo. Così sono morti a centinaia anche di fame.
La situazione è ancora molto drammatica, tanto che una ragazzina di sedicini anni si era impiccata/suicidata proprio mentre stavo passando io, a causa della situazione insostenibile (vedete foto della sciarpa nella tenda e delle persone intorno). Ovviamente adesso potrebbero tornare nei loro villaggi sotto la montagna ma quasi tutte le case sono andate distrutte a causa degli scontri per liberare da ISIS. Inoltre hanno ancora paura che cellule di ISIS possano tornare, sopratutto adesso che combattono a poche dozzine di chilometri di distanza.
Per quanto riguarda la festa religiosa yazida, è stata un’esperienza davvero mistica e intrigante. Ho avuto accesso a tutto poiché il mio contatto è la guardia del corpo del loro “papa”. L’unica cosa che mi è stata proibita è di fare foto durante le fasi più spiritiche del loro rito.un paio di foto le ho fatte comunque di nascosto, e soprattutto ho registrato l’audio, che non era proibito. Trovate tutto sulle pagine del reportage. Spiegazione incluse, anche Perchè Wikipedia spiega meglio di me :-) se avete qualche curiosità sono qui!
L’esperienza peggiore però è stata al confine turco uscendo dall Iraq ed entrando in Turchia. Invece del solito timbro alla “casetta” della polizia, mi hanno fatto entrare nel comando di polizia, fatto firmare qualcosa in turco, fatta una foto/schedatura a me con il mio passaporto aperto sotto il volto, fatto sbloccare il telefono con il mio volto (iPhone X), controllato tutti i messaggi e le foto e sopratutto hanno voluto controllare la mia timeline Facebook degli ultimi 3 anni. Non contenti hanno voluto chiamare il mio contatto in Iraq e mi hanno fatto mille storie per delle foto in bianco e nero di alcuni bambini a Diyarbakir, scattate gli anni precedenti, e di alcune foto fatte a Mosul con i militari iracheni (pensavano fossero dei terroristi dell’ISIS da come erano vestiti con teschi e bandane nere).
Bene, vi ho tediato anche troppo, son successe mille altre cose che non sto a scrivere adesso. Vi Lascio le pagine con le foto, leggete anche le didascalie (sono visibili passando il mouse in basso o tappando sul pallino in basso da mobile), perchè mostrano quello che vi ho scritto sopra :-)
Foto del genocidio yazida: https://www.giuliomagnifico.it/yazidi-genocide/
Foto del rito yazida Cejna Cemaiya: https://www.giuliomagnifico.it/yazidi-cejna-cemaiya/
Foto street dell’Iraq: https://www.giuliomagnifico.it/iraq-2018-street/
Foto di documentazione del viaggio: https://www.giuliomagnifico.it/iraq2018-trip-reportage/
Ovviamente tutte le pagine (escluse quelle dei video e delle foto di documentazione) sono Work In Progress. Mi mancano tantissime foto da sviluppare!
Se avete domande/curiosità/sopratutto critiche (che aiutano a migliorare) son qui!
PS: ho scritto di getto dal telefono, sarà pieno di errori, scusate in anticipo!
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Ho comprato la Moleskine di Super Mario Land.

Ieri sera sono andato a bere una birra. Uscito dal locale, dopo aver speso una ventina di euro in luppolo, ho incontrato Ishmael.
Ishmael ci chiede una sigaretta, gliela diamo volentieri e ce la fumiamo facendo due chiacchiere. Viene fuori che ha esattamente la mia età, trentasei anni, e che è nato in Ghana. Non ci ha tediato coi suoi problemi, ma mi ha fatto una serie di domande per accertarsi che la mia vita stesse andando per il verso giusto. Mi ha chiesto se sono sposato, poi mi ha prontamente chiesto se ho figli. Quando gli ho detto di no si è intristito, mi ha preso la mano e l'ha guardata come se fosse un'equazione di secondo grado:
"Tu avrai due figli. È scritto. Prova a fare questo. Prima di andare a letto, per due settimane, prega Dio. Vedrai che tua moglie ti darà due figli."
Poi mi ha mostrato la Bibbia e mi ha chiesto se ne avevo una. Gli ho detto di sì, ho spento la sigaretta nel posacenere e ho deciso di non rovinare i suoi consigli sulla fertilità con la mia filosofia childfree da strapazzo.
È un tipo strano, Ishmael, ma è simpatico.
Ci ha mostrato il suo passaporto, tutto fiero dei tanti timbri, ci ha detto che l'Italia è bellissima, che siamo brave persone e che Dio vede tutto e ha un piano. Che nel cielo c'è giustizia, anche se in terra non c'è.
Poi il commiato. Io verso la mia casa col condizionatore già acceso, perché quest'estate signora mia il caldo non finisce più, lui verso la panchina a dieci metri dal locale. Mi riprometto di dargli una mano e gli chiedo se l'avrei trovato da quelle parti il giorno dopo. Mi risponde di sì, mi saluta e mi augura buona fortuna.
Fast forward. Oggi, finite le prime traduzioni del mattino, infilo venti euro nel portafogli e vado a cercare Ishmael. Lo trovo lì, sulla sua panchina, con lo sguardo triste. È felice e grato per i venti euro che gli ho portato, ma durante la notte, mentre dormiva, gli hanno tagliato una tasca dei pantaloni e gli hanno rubato il portafogli. Quello con dentro il passaporto e la carta della Western Union che usa per spedire soldi a sua moglie e suo figlio. Mi dice che sta pensando di tornare in Ghana, ma che non sa come e cosa fare.
Gli suggerisco di andare al consolato, lo cerco sul mio cellulare fantascientifico e scopro che per fortuna è a poco più di cento metri dalla panchina. Vorrei dargli il mio numero di telefono, in caso avesse bisogno di aiuto, ma lui un telefono non ce l'ha. E io devo tornare a casa, perché ho roba da tradurre, lavoro da fare, cose da sbrigare. Ho una vita, insomma. Però ecco, realizzo che è proprio diversa.
Tornando a casa mi fermo in stazione centrale per comprare la Moleskine di Super Mario Land, pensando a tutte le cose che do per scontate:
Agrodolce. Ma più agro che dolce.
AGGIORNAMENTO 22 AGOSTO
Questa mattina sono andato da Ishmael. L'ho trovato sulla stessa panchina ed è stato felice di vedermi. Tanto per cominciare gli ho dato un foglietto con sopra il mio numero di telefono. Anche se non ha un telefono, in caso di emergenze ha modo di contattarmi.
Poi ho indagato sulla situazione. Ci sono buone notizie. Ha un permesso di soggiorno e una fotocopia della sua carta di identità (italiana) e del codice fiscale. Ovviamente sono carta straccia, per il momento, ma almeno sappiamo che li ha. Non ho modo di sapere se il permesso di soggiorno sia in corso di validità, ma vedremo.
Gli ho detto che l'avrei accompagnato in questura, che avrei parlato io e che avremmo capito cosa fare. Lui parla un inglese decente ma pochissimo italiano, quindi anche solo capire cosa fare (senza accesso a internet, poi) è un casino. Ieri aveva provato ad andare dai carabinieri, ma non ha cavato un ragno dal buco perché in realtà deve andare in questura.
Prima di andare mi chiede con un certo imbarazzo se posso procurargli dell'acqua. Ha sete e vorrebbe lavarsi la faccia prima di andare in questura. Altra cosa che do per scontata: poter essere pulito/profumato a piacimento. Fa colazione con un paio di patatine al formaggio che tira fuori dal suo sacchetto, mi fa un sorriso ed è pronto ad andare. Sulla strada mi mostra anche il foglio con i dati e i movimenti del suo account PostePay. Ieri aveva provato a farsi ridare la carta, ma giustamente senza documenti non gliela possono dare. È ovvio, ma dal suo punto di vista è frustrante e la cosa l'ha fatto arrabbiare. Il saldo sulla sua carta è poco meno di seicento euro.
Arriviamo in questura, dove il poliziotto, dopo aver visto le fotocopie dei documenti, mi dice che deve andare nella questura centrale, in via Fatebenefratelli, e che poi si vedrà. Io purtroppo devo tornare al lavoro, quindi lo accompagno alla gialla e gli spiego che deve scendere a Turati. Ha un foglietto con su scritto l'indirizzo, spero che i milanesi saranno abbastanza cortesi da indicargli la via. Gli ho detto di farmi chiamare se ci sono problemi, e che in ogni caso ci vediamo domattina alla sua panchina. Se non riesce, lo accompagno io e vediamo di risolvere il tutto. Mi auguro che trovi un poliziotto disponibile e umano.
Gli ho chiesto se vuole davvero tornare in Ghana. Mi ha detto di sì, che è quello che vuole. Che è stanco di non sapere cosa fare e di vivere su una panchina. Gli promesso che lo aiuterò e che risolveremo il problema.
Ho tirato fuori dieci euro per accertarmi che oggi avesse da mangiare, ma non li voleva. Mi ha detto che sulla sua PostePay li ha (ma sappiamo che non ha modo di prelevare e che realisticamente non lo avrà per qualche giorno), che non ha mai chiesto l'elemosina in vita sua, che non è giusto. Per convincerlo ho citato la Bibbia (io! Ateo marcio). Ishmael mi ha ringraziato e ha accettato.
Gli ho augurato buona fortuna e gli ho detto che ci vediamo domani alle 10 alla sua panchina.
AGGIORNAMENTO 23 AGOSTO
Ishmael è riuscito a fare la denuncia del furto dei documenti. Ancora non ha accesso al suo conto di Postepay (è ovvio, ci vuole proprio il documento, però comprensibilmente lui è teso per i suoi soldi e ci prova tutti i giorni). Ieri ho realizzato che perché riesca a ottenere i documenti ci vuole un aiuto più qualificato del mio, quindi su consiglio di vari amici (grazie a tutti <3) ho contattato il SAI, che ha il pregio di trovarsi a cinque minuti a piedi dalla panchina. Li ho chiamati, ho spiegato la situazione e ho dato il mio numero (con la preghiera di chiamarmi per qualunque intoppo, ma anche per le inevitabili spese di marche da bollo e affini). L'unico problema è che l'ufficio riapre lunedì, ma direi che ce la possiamo fare. Ho portato a Ishmael una borsa da ginnastica con dentro qualche maglietta, una bottiglia di sapone e tre litri d'acqua. È stato molto contento e mi è sembrato soddisfatto del piano. Il primo istinto è stato mettersi la borsa sotto le gambe, perché "qui altrimenti ti rubano tutto". Mi ha detto che è stanco di fare questa vita. E lo capisco, cazzo. Gli ho ripetuto che gli daremo una mano a tornare in Ghana, mi ha abbracciato e ci siamo salutati. Secondo me ce la stiamo facendo.
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[Memorie di un Viaggio] Varsavia e Kiev. Tra Comunismo, la ggggente, atterraggio d'emergenza... e anche quella cosetta che piace a tanti.

Immagino che con il titolo clickbait ho attirato l'attenzione di tanti. Si sa no? Tira piu' un PDF che un carro di buoi.

Un ex collega si fara' un week end a Varsavia. Devo prendere delle ferie, decidiamo di vederci direttamente la'. Dovendo prendere piu' giorni vado su Skyscanner con partenza dalla capitale polacca. Kiev per 30USD. Mi organizzo il ritorno a Dublino. Prezzo fattibile, si va.

Varsavia Modlin via Ryanair. Aeroporto del cazzo minuscolo, il bus per la capitale e' pieno e il prossimo e' troppo piu' in la'. Prendo il bus per la stazione dei treni e biglietto treno per Varsavia.
Poche indicazioni, salgo su un treno con un display che dice Warszawa. Per essere totalmente sicuro chiedo alla tizia che sta pulendo le carrozze dicendo solo "Warszava??" e lei annuisce sorridendo.
Mi siedo. Il treno parte dopo quasi 30 mins di attesa. Cazzo facevo prima prendendo il Modlin Bus che partiva dopo. Vabbe'.

Scendo a Warszava Centralna. La stazione e' vicina al Palazzo di Cultura e Scienze. Uno dei simboli della citta'. Sto palazzone costruito dai sovietici come regalo alla citta'. A me pare tipo la torre con l'occhio di Sauron che sovrasta tutto e dice "voi siete parte della gloriosa USSR".
La' a fianco c'e' un Tourist Office. Compro la Warsaw Card + trasporto pubblico. Una combo utilissima che consiglio. Come extra puoi avere anche il Hop on Hop off tour bus a gratis o un concerto di Chopin. La tizia non me lo dice, ma io lo sapevo. Stava per darmi il bus, scelgo il concerto.

Via di google maps, prendo il tram e vado all'Air Bnb. Zona "Praga". Arrivo e c'e' un centro commerciale vicino per ogni bisogno. Il monolocale e' minuscolo e sono solo, mi sta bene. Airbnb fila tutto liscio.

Si va a esplorare la citta'. Sono arrivati i soldi da qualche tempo e si vede. Intorno al Palazzo di Cultura e Scienze svettano dei grattacieli in vetro di alberghi, compagnie e finanza. JP Morgan. Marriott. So ssoldi.
Inoltre non sono rari vedere i manifesti del partito PIS in giro. MMhhh... mejo che me faccio i cazzi miei.

Vado al "centro" al palazzo reale (ricostruito dopo un bombardamento). Una free guide inglese spiega al suo gruppo. Leggo la pin dove dice "join us for free". Scrocco la spiegazione e me ne vado la' intorno da solo.

Il centro e' raccolto e con stradine. Bellino. Sembra strano pero', ha architettura vecchia ma non sembra antico. Leggero' dopo che infatti e' stato ricostruito dopo la WWII.

Qua inizia la prima "realizazzione". La warsaw pass da' accesso, gratuito o scontato, a varie attrazioni. Nel centro storico si entra al Museo della citta' di Varsavia a gratis. Vado.

A scuola parliamo di WWII, ti dicono che c'era quello coi baffetti che era il cattivo cattivo ed e' tutta colpa sua e basta e l'olocausto e' solo colpa sua ed e' cattivissimo.. Poi noi avevamo uno con la mascella ma abbaiava solamente e era innocuo. Poi c'e' stata la bomba atomica e hanno deciso di finire la guerra. "Facile no? Nessuna domanda, non ragionate, ciao".

Varsavia e' stata ricostruita da quasi zero. La guerra e' iniziata qua. Il ghetto ebraico. Tanti, tanti morti. Ok.

Un particolare light e' che la prima pizzeria apri' nei primi anni 90 (o 80 non sono sicuro). E' incredibile... probabilmente persino in Thailandia hanno avuto una pizzeria prima dei polacchi.

Concerto di Chopin in una saletta privata, eravamo max in 20. Con sorriso dico che la meta' erano asiatici.
Poi il Copernicus center che e' un museo della scienza interattivo adatto ai bambini. Il planetario assai fighino con immersione video.

Tutto costava abbastanza poco ma non stracciato. Uber funziona alla grande. I pierogi sono sublimi.

Il museo della Vita durante il Comunismo e' interessante. Alla fine e' una sala, con reperti dell'epoca. Hanno ricostruito all interno un tipico salotto, camera da letto e "bar" dell'epoca. Semplicemente sembra di essere nei primi anni 60. Leggi che era cosi' intorno agli anni 80. Ti cade la mascella.
Lo stereotipo delle calze. Riconfermato dalla targhetta vicino a uno stendino con calze che all'epoca erano un bene importantissimo. Le donne non portavano i pantaloni e le calze dovevano durare. Si riparavano.

"vabbe' vabbe' il PDF?"
Mi pare gia' di sentire.

Dopo Praga sono quasi immune. Le polacche sono carinelle ma non ho smascellato. Ero troppo occupato a visitare la citta' poi per farci caso.
Degno di nomina un paio di gemelle, sulla 20na. Sul tram erano davanti a me, biondine occhi azzurri. Carinissime con visi con tratti dolci. E son partiti film mentali degni di Brazzers.

KIEV
Volo con la linea nazionale ucraina. La divisa delle stewardess e' assai azzeccata.
Atterro e vado al tourist office dell'aeroporto per prendere la Kiev Pass. Non la vendono. Mi indica il bus di connessione alla citta' e di prendere la metro per arrivare al centro commerciale "Gulliver". La' c'e' un altro tourist office.

Monto sul bus, il tizio non parla inglese. Butto lo zainone in un luggage store dentro al pulman. Tiro fuori le Grivne che avevo cambiato a Varsavia, mi fa cenno di sedermi e basta. Ripassera' dopo a prendere il pagamento.
Mi guardo la mappa data dalla tizia del tourist office con le indicazioni. Non ho una cazzo di idea di dove scendere. La tizia seduta a fianco a me mi aiuta. Mi dice di scendere alla prima fermata.
Il bus arriva in questo "mercato" fatto di container ristrutturati a negozietto. Me pare l'Albania. Scendo e vedo una M verde.
Prendo un biglietto alla biglietteria. 8 grivne e ti danno un gettone tipo sala giochi, ma di plastica. Metto nel tornello e passo. Scendo per le scale mobili.
CAZZO quanto sono profonde le metro in Kiev. Hanno anche il record del mondo, 105 metri.
Le stazioni sono decorate con motivi e temi... liberty? Scusate sono ignorante. Si respira il classicismo sovietico. Tutto marroncino e panna. Dal soffitto penzolano dei cazzo di lampadari a illuminare (male) la stazione.
Arriva la metro. Carrozze vecchissime, anni 50? Blu e gialla, come la bandiera. Rumorissime dato che non hanno climatizzazione e quindi lasciano i finestrini aperti. O la metro e' lenta (non credo) o le stazioni sono lontanissime (probabile). Da come siamo abituati, ci si mette un casino tra una stazione e l'altra.

Arrivo al Gulliver. Il tizio e' gentilissimo e spiega tutto di tutto. Mi da il suo numero personale, mi dice di contattarlo per tutto. Mi aiuta ad attivare la scheda sim locale. Dice "italians good! I like! Italians always emotions! I like!".
Vado all'airbnb che puro caso era vicinissmo al Gulliver. Entro questo edificio che sembrava essere sopravvissuto al Kosovo. Scale rovinate, pavimenti con mattonelle rotte. Superata la porta dell'appartamento tutto perfetto e ristrutturato.
Solo che la "Studio apartment" era na cazzo di stanza. La tizia aveva ristrutturato due appartamenti e divise in camere studio individuali, quindi ero in una sorta di hotel. Vabbe', sticazzi.

Kiev ha tantissime belle chiese con le loro cupole dorate. Parchi a iosa ognuna con un suo monumento. L'architettura della citta' e' maestosa. Le piazze e i monumenti sono impressionanti.
Il monumento alla patria e' una statua di donna con spada e scudo con sopra falce e martello. Di una maestosita' assoluta.
Da qui tutti i monumenti sono "ai caduti di" "agli eroi di" "alla grande fame del". Hanno preso tante batoste.

Adoro mangiare nelle mense sparse nei quartieri degli uffici. Non devo conoscere la lingua locale, posso vedere i piatti e scegliere.
Il Borsch e' stupendo. I loro ravioli di carne o di patate o di verza, idem. Avevano sto piatto fatto tipo torta di pancake/frittatine sovrapposte e panna acida. Decorata con carote, fagiolini e aneto. Una delizia.

"si vabbe' non ce ne fotte un cazzo, ma il PDF?"
Prima vi dicevo che Praga mi aveva dato il primo shock e mi sentivo immune. Ringrazio il cielo di essere stato la' prima.
Se a Praga dovunque e chiunque sono PDF, a Kiev sono livello Modelle da Fashion Week PDF.
Si diventa stupidi. Oltre a essere bellissime, le ucraine sono FEMMINILI. E ora le donne del sub mi uccideranno.

Ma in Ucraina ho imparato che le RAGAZZE, possono ANCORA INDOSSARE LA GONNA. E lo dico in senso figurato e non.
Si vestono come donne, sanno essere femminilmente eleganti senza strafare. Meno cappottoni piumozzo Omino Michelin, piu' cappotti lunghi marroni e trench. Meno sneakers, piu' stivaletti corti. Meno jeans, piu' gonne e calze.

Nella metro, incrociando qualcuna che scendeva mentre salivo e viceversa, mi e' capitato piu' di una volta di fare eye contact perche' ero genuinamente affascinato dalla naturale bellezza. Nessun sguardo "cazzo vuoi?". NEMMENO INDIFFERENZA.
Ho ricevuto sorrisi piu' o meno aperti, altri deliziosamente un po' imbarazzati. E ho ricambiato con un sorriso leggero e distogliendo subito lo sguardo. Ok ti trovo carina, ma non faccio lo stalker.

La gente e' un po' diversa la'. Non sorridono molto. La metro non ha il segnale di avvertenza chiusura porte. Te le chiudono in faccia e basta. I camerieri non erano abituati ai miei "spasiba" per ogni cosa. Sempre la metro ha delle porte molleggiate pesantissime che si aprono in entrambe le direzioni. Pesanti e molleggiate che se non fai attenzione quella che ti torna indietro verso di te ti puo' rompere tranqullamente il naso.
Pochi tengono la porta per la persona dietro. Io lo facevo sempre, ho ricevuto a volte degli sguardi "ma perche' mi tieni la porta?"

TINDER
Volendo conoscere meglio le persone locali (si si ok... dai.) ho utilizzato tinder.
Tra i match ho avuto un paio di mignotte dichiarate. Una che diceva "cerco uno che soddisfi i miei bisogni materiali". Un altra che dice "ho bisogno di uno che mi mantiene".
Una invece ci parlo normalmente, mi chiede dove sono e io "vicino al Gulliver". Lei fa "io sono proprio al Gulliver, vediamoci".
Vado. Andiamo in un ristorante/bar fighetto e prendo un prosecco. Lei un the'. Parliamo del piu' e del meno. Mi dice che alla mia eta' gli uomini sono maturi e sanno quello che vogliono. Che le piace.
Mi dice che sembro mezzo kazhako (sono cinese) ma sono italiano dentro per come parlo. Le piace.
Mi dice che sono un tipo a posto, le piace.
Concludiamo poco dopo per non appesantire troppo questa prima uscita. Mi chiede se amo la cioccolata, dico di si. C'e' un carrello di cioccolata artigianale, ne ordina 30E e pago io e se le mette in saccoccia. Va al bancomat per ricaricare il cell, dice che non ha grivne con se che e' tornata da poco da un viaggio. Mi batte la ricarica.
Inizio a sentirmi un mezzo coglione, ci salutiamo e poi realizzo che, seppur per due stronzate, m'ha battuto dei soldi.
Mi passa la voglia di sentirla, lei si fa risentire per una eventuale cena. Io dico di si, e le butto un aperitivo/bicchiere di vino da me prima. Sparisce. EHhehehehe.

Tizia Tinder 2. Sempre stocazzo di centro commerciale. Come arriviamo al bar e parliamo, mi batte i soldi del taxi. "qua e' normale. Te non puoi venirmi a prendere perche' non hai l'auto qua, ma si fa cosi' qui. Tu vai a prendere la tua donna." Io da mezzo cojone mi sento TUTTO cojone.
Parliamo del piu' e del meno, e a una certa la becco che mi squadra l'orologio per capire di che marca/valore e'. Un cazzo di Citizen (bello) da 100E.
La' mi cala totalmente, chiudo l'appuntamento e saluto. Same story poi si fa risentire per rivederci, offro sempre bicchiere di vino da me, dice che mi fa sapere. Sparita. EHHEHEHEhhHE.

Mando a fanculo Tinder e lascio perdere. Mi godo la citta' per quello che e'.

Girando e camminando prendo un appuntamemto per un massaggio. C'ho le gambe stanche e fa anche freschetto a tratti. Mi coccolo.
Centro ok, sembrava quasi medico. Inizio a parlare con una tizia mentre aspetto, scherzando e altre cose le dico che sono un panzone e bla bla. Si finisce a parlare di mangiare quindi, e me ne esco in totale non chalance "e allora stasera ti porto a mangiare fuori dai".
Mi dice di "si".
Mi faccio dare il numero e faccio il vago. Dentro ero "cazzo non ero mai arrivato a questo punto cosi' di punto in bianco. E mo'?". AHHAHAHA
Beh insomma me ne vado e ho il tempo per organizzarmi e riordinare le idee.

Decido il posto, le scrivo, ristorante di carne. Bella seratina, chiacchiere e risatine. Inglese stentato ma si comunica. Ogni tanto google traduttore, ma non eccessivo. Ovviamente gesticolo tanto per farmi capire e uso un simple english anche maccaronico per essere piu' comprensibile.
Anche lei mi fa "Your emotions, so funny". Non sono proprio abituati a persone che si esternano molto. "My english not good, but you talk, you hand, I understand everything". Mi fa piacere, si sente a suo agio, comprende e si sente "compresa".

Dopo cena mentre aspettiamo l'Uber che la riporta a casa, tento il bacio. Vado la' dritto ma gentilmente, non a fulmine o per rubarlo sto bacio. Ride e gira intorno al mio viso e mi bacia in fronte. Riprovo. Idem con bacio sul naso. Vabbe', almeno non mi ha spinto via o reagito di scatto/male.

Rimaniamo che ci vediamo il giorno dopo. Passeggiata e poi ci ritroviamo nel centro commerciale. Diamo uno sguardo ai negozi, le dico di provarsi una gonna. Mi piace fare shopping cosi' dove la ragazzafa da "modella" e esce dal camerino e mi fa vedere come sta con le cose.
La prova, mi fa vedere, le dico che le sta bene. Le chiedo se le piace. Mi dice di si. "Ok prendiamola". All'inizio non capisce e dice che non vuole spendere soldi. Carinella, mica avevo capito che pagavo io. 25E da Beshka o qualcosa del genere.

Rimane contenta, continuiamo la nostra serata e andiamo a mangiare. Dopo cena ritento l'approccio. Ci baciamo.
Mi dice che una sua amica e' offesa che non si fa viva da qualche giorno. Mi dice che vuole stare con me e non vuole farla arrabbiare, propone di stare insieme tutti e tre.

Accetto, mi presenta l'amica. Carina, simpatica, ha un figlio. Inglese veramente scarso ma qualcosa riusciamo a dircela. Serata ad un hookah bar. L'hookah e' il loro nome il narghile'. Poi se tecnicamente sono due cose diverse, nin zo'.

Finita serata rimaniamo che ci vediamo anche il giorno dopo. Presto dovro' ripartire e ci va di stare assieme.

Due pomeriggi e sere ok, di cui un altra sera con amica. Ci vede baciarci, fa' la faccina "ohhh che piccioncini" e fa' "you good man. My friend lucky. Good man". Meno male... ho l'approvazione di amica. Che mi pare assai importante visto che non ha potuto evitare di non vederla.

Un pomeriggio ha accettato di venire da me. Ho provato il colpaccio ma non ha voluto. Beh cazzo, mi conosce da 3 giorni mi pare anche legittimo da parte sua. Poteva andarmi meglio, non e' stato cosi.

Ora sono tornato. Ci sentiamo su Viber. Non e' espansiva e non mi scrive per prima. Penso che sia che non sono abituati troppo a esprimersi, e la' la Donna fa' la Femmina.

Oppure sono tutte scuse mie e non je ne fotte un cazzo. Chissa'. Fatto sta che l'ultima sera ha detto che voleva rivedermi.
Fatto sta che INCREDIBILE ma vero Ryanair ha aperto rotte su Kiev proprio questo ottobre. Fatto sta che parlando su Viber ho accennato a un mio ritorno.

Fatto sta che ora ho il volo prenotato per il 12 novembre.

ATTERRAGGIO D'EMERGENZA

In fase di decollo da Kiev abbiamo beccato un uccelo che si e' sfracellato su una antenna dell aeromobile. Capitano ha dato annuncio di atterraggio e ha dichiarato "il volo piu' breve che abbia mai fatto".
Tutti a lamentarsi e sbuffare, io sto ancora qua a ringraziare il cielo che posso raccontarlo in giro sto fatto.

P.s.Sto cercando di farmi altri contatti e mi iscrivero' a una chat/siti di incontri russi o qualcosa del genere. Per quanto sia carina e mi piaciucchia, non mi faccio una cazzo di imbarcata fino a laggiu' per scommettere su una persona sola.

P.p.s.Lei ha 21 anni. Io 35. Lei non sa che eta' ho. :D
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意大利青年的中国游记 zt by 杜燃特 on 2014-10-06

*意大利青年的中国游记(四)-黄山篇 *
HUANG SHAN 黄山篇


Alla mattina successiva mi muovo verso la stazione di Shenzhen West, da dove partirà il treno K26 diretto allo Huang Shan (Montagna Gialla). E mi rendo conto di quanto enorme sia Shenzhen. Per arrivarci, dal centro, devo prendere un metrò e 3 autobus, e il viaggio dura quasi 2 ore. È il primo contatto con le ferrovie cinesi e sono curioso: il treno sarà il principale mezzo di trasporto del mio viaggio.
次日清晨我向深圳西站进发,直达黄山(黄色的山)的K26次列车便从这里出发。此行让我领教到了深圳是多么的巨大。为了到达那里,从市中心出发,我必须乘坐一班地铁和三次巴士,期间历经近2小时的行程。这是与中国铁路的第一次接触和我的好奇:火车将是我接下来的旅途中主要的交通手段。
Inizio così ad imparare qualcosa: le persone normalmente arrivano alla stazione con largo anticipo, e possono bivaccarvi per ore prima di prendere il treno. I treni sono sempre molto affollati: il mio non è in transito, parte proprio da Shenzhen, ma quando parte è già al completo![1] Una cosa che non capisco è perchè ci sia così tanta calca per fare la fila (ma chiamarla fila non è corretto, mucchio è più appropriato

), se i posti sono già assegnati.
开始我便学到一些东西:人们一般很早就提前到达火车站,并且他们会露宿于此为了第一时间乘上火车。火车总是很拥挤:我乘坐的那列并非中转而是始发自深圳,但是当出发时却已经满员!【注1】有件事我不明白,既然座位已经被号分配,为啥这么多拥挤的人群在那里排队。(不过称其为对列并不正确,用人堆来形容更为准确


In ogni caso riesco a salire. Il treno è più che buono, come accadrà anche in tutti i viaggi successivi, e anche il personale di bordo è affidabile. Nessuno di loro parla Inglese, purtroppo, ma questo è un altro discorso. Approfitto delle ore di luce ancora a disposizione per osservare il paesaggio. Il treno, partendo dal Guangdong, attraverserà Fujian e Jiangxi e infine arriverà a Tunxi, nell'Anhui. Fra i posti attraversati, alcuni mi sarebbe anche piaciuto visitarli, per esempio Jingdezhen, la capitale cinese (e quindi, in un certo senso, mondiale) della porcellana. E il paesaggio, con mio stupore, è straordinariamente impervio e poco abitato. E così mi chiedo: ma dove vivono il miliardo e 300 milioni di Cinesi, se neanche le aree del sud-est sono pianeggianti e ospitali? Perchè si sà che il Nord, l'Ovest e il Sud-Ovest della Cina, fra deserti, altipiani altissimi e montagne, è poco abitato e poco abitabile, ma se i Cinesi sono così tanti allora da qualche parte dovranno pure vivere, no?
不管怎样我还是能登上列车的。列车非常不错,就像所有后续一系列旅程中搭乘的一样,并且乘务人员非常可靠。不幸的是他们中没有任何人会说英语,不过那是另一个话题了。我充分的利用阳光尚在的时间去观察风景。火车从广东出发,穿过福建和江西最终到达安徽屯溪。在已经路过的地方里,也有一些我很期望参观的地方,比如景德镇,中国的瓷器之都(因此,从某种意义上说也是整个世界的)。荒凉和杳无人烟的景色使我惊讶。因此我不禁困惑道:既然不是在平坦温和的东南部地区,那13亿的中国人到底生活在哪里?。因为众所周知,中国的西部,东部和西南,遍布着沙漠,高原和山区,那里人烟稀少可供居住的空间匮乏,但如果中国人口如此众多,那他们应该还生活在中国的某个地方,不是吗?
Rimango ammirato dalla capacità dei contadini cinesi di recuperare ogni centimetro quadrato di territorio alla coltivazione. Nelle innumerevoli piccole valli percorse da torrenti è comune vedere il fondo del torrente opportunamente "spianato", terrazzato e coltivato a riso: il flusso del torrrente "ammaestrato" fa il resto: spettacolare!
中国农民的能力让我心存钦佩,他们在每一平方英寸的土地上反复耕种,在数不清的河流经过的小山谷里,你经常可以看到在溪流的的深处被适当的修整为一片片“斜纹”,那是梯田和水稻:流淌的河水“训练有素的”的无休工作着:壮观的景象!
Il treno arriva a Tunxi alla mattina presto, giusto il tempo di visitare la città vecchia prima di prendere il bus per il villagio di Tangkou, ai piedi della montagna. La città vecchia in realtà consta di una via sola, Lao Jie, che è stata restaurata e ora è una via di negozi in architettura Huizhou, così tipica di queste parti:
火车在凌晨到达了屯溪,时间正好可以赶在乘座巴士前参观一下坐落在山脚下的古城塘口村,古城实际上是由一条孤单的街道组成,老街,它已经被修复并且现在是一条徽州建筑风格的购物街,这些部分是如此的古典。

La strada arriva fin quasi al fiume Xin'an, nel quale alcune donne stanno tranquillamente lavando i panni:
道路最终到达了新安江畔,这里一些妇女正在静静的洗衣服:

una scena che mi capiterà ancora di vedere in pozzi, torrenti, fiumi, laghi e stagni della Cina. Nel percorrere la strada al contrario per ritornare verso la stazione
一个景象让我明白,在中国我与那些水井,溪流,大河,湖泊以及池塘还会再会。调转方向漫步在街道之中,随后我顺路回到了车站。

mostro curiosità per un negozio che vende tè. Non appena faccio cenno ad entrare, la ragazza del negozio mi offre assaggi di tutti i tipi di tè, e a quel punto non mi divincolo più. Dopo averne assaggiati diversi, come faccio ad andar via senza comprare nulla? Le faccio capire quale mi piace di più, e in pratica a questo punto è come se lo avessi già comprato. Il prezzo è notevole, e per le difficoltà del linguaggio non so nemmeno bene che cosa ho comprato, ma ormai è fatta. Il tè in questione naturalmente è tè verde, il tè che si beve in Cina.
我对一件贩茶的店铺产生了兴趣。在我刚刚进店还没有任何示意时,店里的女孩便提供给我各种茶水以供品尝,然后我没再多做挣扎。在已经品尝了各种茶叶之后,我怎么能什么也不买就这么离开呢?它使我明白了自己最喜欢哪种,并且事实上因为这点我已经买了。价格非常的昂贵,并且由于语言交流上的困难,我并不太知道我买的东西具体是什么,不过现在交易已经完成。上面所提的茶自然是绿茶,茶是中国人必须的饮品。
»Il tè in Cina è una vera e propria istituzione dalla notte dei tempi. È comune vedere in giro i Cinesi con un thermos trasparente contenente il tè in foglie, che periodicamente riempiono di acqua bollente e bevono durante la giornata: lo usano i guidatori di autobus, le persone che camminano nei parchi, i commercianti, chiunque insomma. E poi esistono le teahouse, le case da tè, come questa di Shanghai:
茶在中国自古以来便是一个“基本制度”,你平常就可以看到周围的中国人会随身带一个装着茶叶的透明保温瓶,它被定期充满沸腾的热水,可以用一整天:公交司机,走在公园里的行人,商务人士,任何人都如此。然后,到处有茶楼,茶馆,比如像上海的这个:

dove puoi provare una grande quantità di tè verde, differenziato per provenienza, per aroma (gelsomino o altro tipo di fiore) e per altri criteri.
这里你可以品尝大量的绿茶,它们来自不同的原产地,有着不同的香气(茉莉花香或者其他种类的花朵)和不同的标准.
Il viaggio verso Huang Shan, invece che sull'autobus, lo faccio su un taxi guidato da una donna. Deve già andare a Tangkou per portare indietro degli Americani che ha portato là il giorno prima, mi dice, e così può offrirmi il viaggio a prezzo molto ridotto. Accetto di buon grado, la donna parla un Inglese comprensibile e questo mi può essere utile. Ma soprattutto mi permette di scambiare qualche parola con una persona del luogo, un'esperienza che apprezzo molto.
去黄山的旅程不同于以往的搭乘巴士,我乘坐了一辆女司机驾驶的出租车。但她必须先要回塘口接回几个她前一天送到那的美国人,她说,因此可以给我提供一个低价优惠。我心甘情愿的接受了,这名女士可以说一些简单易懂的英语,这对我所帮助,但更重要的是让我可以和一个当地人说几句话,我很重视这份经验。
Salgo e noto con piacere che c'è la cintura di sicurezza. Ma quando tento di allacciarla mi accorgo che manca l'aggancio. La conducente mi guarda strano e mi dice: "Non c'è bisogno, tanto io guido piano". Il ragionamento è bizzarro di per sè, a maggior ragione quando poi mi accorgo che non guida piano affatto.
我上了车并很高兴的注意到有安全带,但当我尝试去拉紧它时才察觉到它没有挂钩,司机同志看到了我的异样并对我说:“没有这个需要,我车开的很慢。”对于我自己来说这个理由很古怪,更何况之后我意识到他开的一点不慢。
Durante il viaggio vedo lungo la strada le celle fotovoltaiche sui lampioni dell'illuminazione. Non ci vuole molto a capire a cosa servono: di giorno accumulano l'energia elettrica ricavata dal sole, e di notte la usano per illuminare le strade. è certo sorprendente per me trovare una simile tecnologia in Cina, mentre non l'ho ancora vista in alcuna altra parte del mondo "sviluppato". E mi chiedo a questo punto se sono veramente in Cina, un paese che mi ero immaginato arretrato e pieno di ciminiere. Ma, stò ormai imparando, la Cina è il paese dei contrasti, e può essere normale trovare il top della tecnologia convivere con usi, costumi e abitudini millenarie.
在旅程中我看到里沿街的光伏照明路灯。并不需要太多解释就能了解它们是什么:白天时将从阳光中收集的能量储存为电能,夜间用它们照亮道路。对于我来说这真是出乎意料,在中国发现了这样的类似技术,然而我还没有在其他的“发达”世界看到这样的景象。我不禁自问,此刻自己是否真的身处中国-一个在我曾经想象中落后并充满了烟囱的家国。但现在我正在学习中,中国是一个有着巨大反差的国家,在这可以很平常的遇到最顶尖的科技伴和那些延续千年的传统,习俗。
Dopo un buon pranzo da Mr. Hu a Tangkou (primo vero pasto cinese che mi concedo, in realtà molto buono - e comunque mi ci voleva, perchè non di soli instant noodles[2] vive l'uomo), mi faccio convincere a cominciare l'ascesa a piedi da più sotto, in modo da passare anche dalla Cascata dei Nove Draghi

. Non dubito che questa cascata possa essere meravigliosa in primavera, quando raccoglie l'acqua delle piogge e, forse, delle nevi sciolte, ma l'11 di Settembre quello che si vede è questo:
再从塘口的胡先生那里吃过一段美味的午餐后(这是我的第一顿真正的中餐,我承认,事实上非常美味-无论如何,我需要它,因为人不可能光靠方便面【注2】生存),我会说服你从最低点开始步行攀登,并以这样的方式通过九龙

瀑布。我丝毫不怀疑当汇集了雨水或是融化的积雪之后,这个瀑布在春季会是壮观的,但9月11日,你看到的是这样:

Chi di voi ha una vista particolarmente acuta avrà scorto un rigagnolo d'acqua che scende moribondo lungo la roccia: quella è la Cascata dei Nove Draghi. Se avesse avuto un nome meno altisonante tipo "La Cascata della Lucertola Zoppa" probabilmente non mi sarei creato aspettative
你们中的谁有特别敏锐的目光,能看到哪怕一滴水垂死挣扎般顺着岩石流下:那可是九龙瀑布啊。如果它有一个不那么冠冕堂皇的名子,比如“软绵绵的蜥蜴瀑布”可能就不会让我这么充满期待了。(译者注:这位八成是被导游或导游信息忽悠来看瀑布了吧= =)
La delusione è parzialmente mitigata dalla natura rigogliosa del percorso, e in particolare dalle foreste di bamboo che colonizzano le pareti della montagna:
失望之情被郁郁葱葱的繁茂植被所部分缓解,特别是被那些占据了整个山壁的竹林:

Lungo il percorso sbuca improvvisamente un omino addetto al controllo del biglietto. Fa segno ad un albero sopra la nostra testa e mi dice qualcosa in Cinese, che ovviamente non capisco. Me lo ripete diverse volte finchè, continuando a non capire, prendo la fotocamera e lo fotografo (l'albero, non il controllore). Tuttora non so perchè l'albero sia tanto importante, ma ad ogni buon conto eccolo qui:
沿路突然冒出一个小个子的工作人员来查票,它指着一颗我们头顶的树打手势并用中文对我讲话,显然我没明白。他对我们重复了好几遍,我仍然不明白,直到我用照相机给树拍了张照片(是树,不是检票员)。然而我仍然不知道为什么这树会那么的重要,但不管怎样,照片在这里:

»Durante l'ascesa vera e propria alla montagna, fatta dal percorso orientale, mi capita di incontrare persone che trasportano merci:
在真正上山的途中,山东侧的小径上,我偶遇搬运货物的人:

La cosa mi sorprende perchè c'è una funivia che fa esattamente la stessa strada dei portatori, e il viaggio richiede 10 minuti invece delle due ore del percorso a piedi. Allora, perchè portare le merci a piedi? Certo, sarà una questione di costi, perchè il viaggio in funivia costa 65 Yuan (6 Euro), ma per la nostra mentalità è comunque difficile pensare che si possa fare un viaggio così faticoso e lungo solo per risparmiare 65 Yuan. Si potrebbe ad ogni buon conto usare la funivia per il transporto merci negli orari non di punta (per esempio la sera) ad un costo notevolmente inferiore, ma niente: si usano i portatori. Un tema che mi propongo di affrontare appena possibile con qualche persona locale. Ah, il bastone che il portatore usa per portare i pesi è un pezzo di bamboo tagliato e intagliato alle estremità. Uno dei tanti esempi di utilizzo di questa pianta/erba meravigliosa in Cina. Ce ne sono molti altri, fra cui per esempio lo scaffolding per la costruzione delle case, come si vede in questa foto scattata a Shanghai:
这事令我吃惊,是因为有一部缆车与搬运工行走的路线完全相同,并且整个行程只需要10分钟而不是2个小时的步行。那么,为什么步行运送货物?当然,这或许是一个成本问题,因为乘坐缆车上山要花费65元(6欧元),但在我的思维中无论如何也难以理解他经历这样一个艰难而漫长的行程只是为了节省65元。不管怎样,他或许可以利用缆车,以一个特别低的价格在非高峰期运送货物(比如晚上),但没有这么做:他们使用了搬运工,如果我能交流的话,我想用自己的提案与当地人一起尽快解决这个问题。啊,注意搬运工用来携带沉重货物的棒子,那是一段两头被雕刻过的竹竿。这是众多在中国关于如何利用这种其妙草本植物的例子之一。还有许多其他的,比如建筑房屋的脚手架,就像你看到的这张摄于上海的照片中那样:
Per chi non ce la fa a salire a piedi, ma se ne accorge troppo tardi quando ormai ha cominciato il percorso, oppure per chi non ce la fa a scendere, c'è pure il servizio dei portatori di persone. Una fatica enorme, soprattutto se la persona trasportata è un peso massimo (difficile se è Cinese, facilissimo se è Americana). Ecco un portatore che si gode un più che meritato riposo:
为了那些没有足够力量步行登山,却又在踏上征途后才察觉到为时已晚的人,或者为了那些没能力下山的人,还有人力搬运的服务。一个极为艰辛的工作,特别是如果被运送人是个重量级选手(中国游客中不常见,美国游客则很普遍)(译者注:意大利原文直译是“中国人的话很难,美国人的话很轻松”有点不好理解,所以用了英语版的说法)。这里是一个搬运工,他正在享受他应得的休息:

Dopo una lunga camminata arrivo in cima prima che il sole tramonti, in tempo per godere di alcune viste meravigliose:
在一段漫长的步行之后,在太阳落山前我到达了山顶,及时的享受到了一些美妙的景色:


e per vedere le ultime luci e il tramonto:
并且看到了最后的阳光和日落:


Si dorme in cima in una camerata condivisa con altri turisti cinesi. Alla mattina alle 3.30 le persone con cui condivido la stanza si alzano tutte entusiaste, e fanno un po' di rumore (ok, un gran casino). Mi sveglio un po' incazzato (ok, molto incazzato), li guardo con sguardo interrogativo e, senza bisogno che io dica nulla, uno mi dice "The sun rises"[3]. Ora: sono sicuro che, a fine Giugno / inizio Luglio, il sole sorga così presto, ma, mi chiedo, che senso ha alzarsi alle 3:30 (e svegliare i colleghi di camera) il 12 di Settembre, quando il sole non sorge prima delle 5:30-6:00? In ogni caso il danno ormai è fatto - torno a dormire, me ne frego dell'alba e mi alzo con tutta calma intorno alle 7:00, pronto per la lunga camminata del "West Trail". E il West Trail si rileverà una delle cose più belle di tutto il mio viaggio in Cina: vedi blocchi di granito alti mille metri che svettano formando gole paurose. E il percorso che è stato creato è eccezionale, con innumerevoli gradini scolpiti nella roccia (dovrete aguzzare la vista per vederli in questo video):
在山顶上我和中国旅行者们一起睡在一个共享的小屋里,在早上3点30分,与我同房间的人们全都兴奋的醒来,并且制造出一些小噪音(好吧,是很大的混乱)。我醒来的时候有点生气了(好吧,是非常的生气),我用疑惑的表情看着他们,不用我说任何事情,一个便人对我说“The sun rises”【注3】。当时:我敢肯定,在6月末或7月初,太阳会升起的如此早,但我困惑:为什么他会在9月12号的3点30起床啊(并且叫醒了所有同屋的人),此时日出不是在5点30到6点之间吗?不论如何现在灾难已经发生-我回去继续睡觉,我不在乎黎明并且在7点前平静的起了床,准备好长途跋涉的“西之旅”。“西之旅”将是我整个中国之旅中最美丽的东西之一。你看,无数高达千米的花岗岩石块耸立,形成令人畏惧的峡谷,山路的建造是超凡的,无以计数的台阶雕刻在岩石之上(你们应该睁大眼睛看看这段视频):
译者注,视频地址是:http://www.chinadiscover.org/04_Huang_Shan/Stairs_on_the_Western_Steps.flv
I gradini rendono accessibili passaggi che, altrimenti, non potrebbero essere percorsi a piedi: 阶梯使行人可以造访此地,否则不可能步行通过“



Anche per chi come me è abituato ai paesaggi alpini, lo Huangshan è una meraviglia assoluta:
即使是像我这样习惯了高山景观的人,黄山依然是一个绝对的奇景:

Mentre stò facendo il percorso di discesa un serpente cade giù da un albero proprio davanti a me. Non me ne accorgo subito perchè stavo guardando da un'altra parte, ma una ragazza che per puro caso mi stava camminando di fianco lo vede e lancia un urlo tremendo - e a quel punto lo vedo anch'io. Il povero serpente scappa subito di lato fino a sparire nella vegetazione, secondo me terrorizzato dalle urla belluine della tizia. Non so se fosse un serpente pericoloso, era tutto verde, lungo poco più di un metro e non molto "largo". Probabilmente stà ancora scappando adesso

.
当我走下山的路上时,一条蛇从树上掉下来正好落在在我的前面,我没有马上察觉,因为那时我正在看其他地方,但一个女孩正巧从我身旁走过,她看都了蛇并且恐惧的尖叫了一声-并且那时我也看到了。可怜的蛇立马逃走并消失在了树丛中,我则被某人凶残的尖叫给石化了。我不知道那条蛇是否危险,他浑身遍绿,一米来长不是很“宽”,或许它现在还正逃跑着呢。![](http://www.chinadiscover.org/smile_regular.gifhttp://www.chinadiscover.org/smile_regular.gif)。
Una conseguenza è che risulta quasi impossibile riuscire a trovare posto su un treno se si sale in una stazione intermedia del percorso.
注1:一个可能造成的结果是,如果你是在一个中间站上车,便几乎不可能找到座位。
Gli Instant Noodles sono il cibo di gran lunga più popolare in Cina per pasti veloci, per esempio mentre si è in viaggio su treno o autobus, oppure durante la visita a parchi naturali e attrazioni. In numerosi posti, compresi i treni, è possibile trovare l'acqua calda necessaria per preparare il pasto.
注2: 方便面是迄今为止在中国最大众化的速食食品,例如你在旅行中乘坐火车或巴士,或者正在参观一个自然公园和旅游景点。在许多地方,包括火车上,能找到必要的热水以准备这种食品。
Il levar del sole visto dallo Huang Shan è molto spettacolare, pertanto molti turisti si svegliano in tempo per poterlo vedere.
注3:从黄山看到的日出非常壮观,因此许多游客为了看到它而及时起床。 *河蟹**河蟹**河蟹**河蟹*== 下一站杭州
PS:看反响如何吧,如果大家觉得这种单纯的游记没啥意思的话,以后我会挑选一些其中重点城市的游记优先翻译。
PS2:好像不少人想看这位的真容,提前杀必死一下吧

http://share.ltaaa.com/share-1829-0fa.html

总共应该有不少,译者还在边看边翻译,选取其中一篇出来分享一下,挺有意思的的。
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